Scudo penale per l’Ilva? No, grazie. Questa è la risposta che chi ha a cuore le sorti di Taranto, dei suoi cittadini e dell’ambiente circostante, risponderebbe a gran voce. 

L’inserimento dello ‘scudo penale’ nel ddl n. 445 (d-l 2/2023 “Impianti di interesse strategico nazionale”) rispecchia esattamente la linea politica (sociale e ambientale, ci verrebbe da aggiungere) di tanti governi che si sono susseguiti negli anni in Italia: produrre, produrre, produrre. Ai problemi – sanitari, ambientali e sociali – che ne possono scaturire ‘ci penserà qualcun’altro’.

Un NO ben marcato anche dalle associazioni e da chi ha potuto prendere parte all’audizione in Senato il 31 gennaio 2023, tra cui Alessandro Marescotti – presidente di Peacelink -, Anna Maria Moschetti, medico e pediatra di Taranto e rappresentante dell’Associazione Culturale Pediatri, vincitrice quest’anno del Premio Ambientalista dell’Anno “Luisa Minazzi” e da altre associazioni ambientaliste tra cui WWF e Legambiente.

L’analisi di Peacelink parte dalle dichiarazioni dell’Amministratore Delegato di Acciaierie d’Italia – Luisa Morselli – che all’Ansa, il 19 gennaio, dichiarava che “l’impianto siderurgico di Taranto possiede l’area a caldo più pulita d’Europa”

Allo stesso tempo, le dichiarazioni proseguono e dallo stabilimento viene addirittura annunciato di aver ottemperato quasi completamente alle prescrizioni AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale).

E allora, se così fosse, a chi serve lo scudo penale?

In tutto ciò, Peacelink, dati alla mano dimostra come in verità il benzene sia sempre e comunque in costante aumento nel quartiere Tamburi, e lo si può facilmente capire anche dal grafico in cui vengono evidenziati i valori di benzene nel periodo dicembre 2015 – dicembre 2022. 

Qualcosa, quindi, non torna…

Grazie, ancora una volta a Peacelink e all’incessante lavoro su più fronti e su più questioni legate all’Ilva, lo scudo penale risulta essere sempre più una scelta politica che va in contrasto rispetto all’autonomia della Magistratura: non è nemmeno legato a un problema di approvvigionamento delle risorse. Infatti, “la domanda globale di acciaio è stimata intorno a 1,8 miliardi di tonnellate nel 2020. Le stime di produzione globale parlano di 2,2 – 2,5 miliardi di tonnellate, rimangono quindi tra i 400 e i 700 milioni di tonnellate di acciaio in più: l’Ilva di Taranto rientra quindi, da un punto di vista strettamente economico, nella quota di sovracapacità produttiva”. Fonte: Peacelink.

Come se tutto ciò non bastasse a smontare la finalità dello scudo penale, bisogna ricordare anche che l’ONU, tramite il Relatore speciale delle Nazioni Unite sugli obblighi in materia di diritti umani relativi al godimento di un ambiente sicuro, pulito e sostenibile, David R. Boyd, di concerto con il Relatore speciale Marcos Orellana, ha definito Taranto “zona di sacrificio”.

L’ONU infatti sentenzia: “le zone di sacrificio spesso sono create dalla collusione di Governi e imprese. L’acciaieria Ilva di Taranto, in Italia, da decenni compromette la salute delle persone e viola i diritti umani”.
Inoltre, anche l’OMS che ha effettuato una valutazione predittiva del danno sanitario (“Health Impact Assessment of the steel plant activities in Taranto as requested by Apulia Region”, 2022) attraverso uno studio commissionato dalla Regione Puglia nel 2022, fa emergere un inaccettabile danno sanitario anche a lavori AIA eseguiti completamente. Nelle conclusioni si legge: “Gli impatti prevedibili di mortalità sono di 5 morti l’anno nello scenario più favorevole”, ossia nel caso di adozione delle migliori tecnologie disponibili prescritte con l’AIA.
E, ancora una volta, i dati e gli studi scientifici servono per dimostrare la pericolosità della produzione di acciaio a Taranto: che si producano 6 milioni di tonnellate all’anno, 8 milioni o anche solo 4,7 milioni di tonnellate (la produzione del 2019), dalle Valutazioni Danno Sanitario (VDS) emerge che il rischio sanitario è comunque inaccettabile. Va ricordato che le autorizzazioni a produrre vengono concesse all’Ilva senza verificare in anticipo il Principio di Prevenzione e il Principio di Precauzione che, però, sancirebbero i troppi effetti avversi sulla salute degli abitanti.

Purtroppo, i dati pubblicati nel 2021 su “Environmental Research” – e pubblicati sul sito del Comune di Taranto) mostrano – ancora una volta – eccessi di mortalità per tutte le cause nei tre quartieri circostanti il polo siderurgico.
Fanno riflettere, nuovamente, le parole di una mamma – Celeste Fortunato – affetta da leucemia che a un recente incontro con il Prefetto di Taranto, ha dichiarato: “E’ straziante sentire una mamma che dice ‘se io potessi tornare indietro non avrei messo al mondo mio figlio in queste condizioni’ per la paura che si ammali. O sentire amiche che dicono ‘non voglio fare figli, rinuncio perché ho paura’. Se noi siamo arrivati al punto che una donna dica questo vuol dire che come umanità abbiamo fallito”.

E si ritorna, così, a pensare ai “bambini di Taranto che vogliono vivere” e a chi, per anni, ha provato a difenderli e curarli: la pediatra Anna Maria Moschetti.

Anche lei è intervenuta all’audizione in Senato, a nome dell’Associazione Culturale Pediatri, analizzando la situazione infantile e riportando alcuni dati clamorosi di quanto l’inquinamento stia influendo e inficiando sui bambini di Taranto, e di come il Principio di Precauzione non venga mai messo in essere.
La dottoressa Moschetti si domanda, rispetto al decreto legge che parla di un necessario bilanciamento tra la necessità produttiva e quelle del lavoro, dell’ambiente e della salute, quali sono i criteri che stabiliscono il cosiddetto bilanciamento tra questi diritti? Chi li stabilisce?
Riportiamo di seguito alcune delle sue dichiarazioni che potete rivedere a questo link, dal minuto 54:50.


“Questa norma a nostro giudizio introduce un’ arbitrarietà nelle valutazioni che non può essere ritenuta accettabile e deve essere respinta. Noi focalizziamo l’attenzione sull’aspetto della salute dei bambini per il quale è stato dimostrato nel tempo un eccesso di tumori, di mortalità, di malattie respiratorie e di malformazioni. Anche l’ordine dei medici esorta all’immediata sospensione delle emissioni in ambiente delle sostanze neurotossiche.

Ci teniamo a concludere richiamando l’attenzione su un aspetto relativo alla salute dei bambini della città.

Nel documento di Osservazioni all’AIA del 2012, già richiamato, i rappresentanti dell’Associazione Culturale Pediatri di Puglia e Basilicata, i pediatri Annamaria Moschetti e Piero Minardi, facevano osservare che esisteva un grave e concreto rischio rappresentato dall’esposizione alle sostanze neurotossiche immesse in ambiente dall’impianto siderurgico e che in presenza di una continuità produttiva non potevano escludersi, anzi erano fortemente da temersi, ritardi cognitivi e riduzioni del Quoziente Intellettivo (QI) nei bambini così come documentato dalla letteratura scientifica. Il “bilanciamento” delle esigenze produttive e della salute umana, che la Corte Costituzionale decise essere la ragione della costituzionalità di quel decreto, non tenne conto della segnalazione dei pediatri .

Lavori scientifici successivi che hanno indagato la salute neurologica dei bambini tarantini hanno, purtroppo, confermato la previsione dei pediatri ACP e  mostrato una riduzione di QI incrementale nei bambini che vivono più a ridosso degli impianti (meno 15 punti di QI nei bambini che vivono a ridosso degli impianti) e altri disturbi del neuro sviluppo associati all’esposizione a sostanze neurotossiche peraltro documentate dai campioni biologici.

Parliamo di problemi sociali, di comportamenti aggressivi, ansia, depressione e violazione delle regole. Pur in assenza di un nesso causale ancora dimostrato, si deve invocare il principio di precauzione a fronte dei gravi esiti di tali esposizioni.
Non possiamo che  respingere il criterio generico, soggettivo e privo di fondamento scientifico, nuovamente richiamato nel presente decreto, del “bilanciamento” come strumento per validare l’ammissibilità di autorizzazioni all’impianto siderurgico di Taranto e richiamare gli attori politici alla responsabilità verso le future generazioni, al loro diritto a vivere in ambiente salubre, a godere di buona salute, al loro diritto di avvalersi del patrimonio di intelligenza trasmesso dalle generazioni e apice della creazione,  in definitiva il diritto a “vivere”.

La dottoressa ricorda anche come da più studi (anche dell’Istituto Superiore di Sanità) sia emerso come anche nel latte materno delle mamme di Taranto sia presente un eccesso di diossine cancerogene e neurotossiche a causa dell’esposizione prenatale e, in particolare, ricorda la gravità della presenza di una sostanza definita ‘marker di attività industriale di tipo metallurgico’ nel latte. 

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