L’Italia dovrebbe intensificare gli sforzi per rimediare agli impatti negativi sul godimento dei diritti umani di decenni di industrializzazione. Le autorità dovrebbero assicurare che le industrie utilizzino tecnologie e metodi di produzione che non danneggino la salute dei residenti italiani. Ogni persona ha il diritto di vivere in un ambiente sano e privo di tossine“.

Sono le conclusioni del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle sostanze tossiche e diritti umani, Marcos Orellana, pronunciate lo scorso 13 dicembre nella conferenza stampa tenuta alla fine della sua visita in Italia, dove ha visitato Taranto, la “Terra dei Fuochi” in Campania, il Veneto contaminato dai PFAS, Porto Marghera e la Livorno contaminata dalla Solvay.

Soffermandosi su Taranto, Orellana ha ribadito “Ora che lo Stato è uno dei comproprietari dell’impianto, dovrebbe accelerare la bonifica dei siti contaminati, così come la trasformazione dell’Ilva, affinché la contaminazione dell’impianto cessi di mettere in pericolo la salute umana e l’ambiente. Il Ministero dell’Ambiente non dovrebbe ignorare le conclusioni dell’ARPA Puglia. Il governo dovrebbe garantire che qualsiasi operazione all’Ilva, e qualsiasi nuova autorizzazione, rispetti i livelli di qualità dell’aria aggiornati dell’OMS (che sono stati rilasciati all’inizio di quest’anno“.

Parole totalmente inascoltate sia dal governo italiano e da chi sta gestendo lo stabilimento, la nuova partecipata Acciaierie d’Italia che vede lo Stato Italiano dal 15 aprile 2021, attraverso Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, presente con una quota del 38% nel capitale sociale di AM InvestCo Italy S.p.A, mentre la restante partecipazione del 62% resta in capo al Gruppo ArcelorMittal.

Come hanno denunciato i rappresentanti del Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente a Taranto, a partire da Massimo Castellana portavoce dei Genitori Tarantini e Alessandro Marescotti presidente di Peacelink, nella conferenza stampa del 5 gennaio 2022, le richieste da parte della proprietà sono di tutt’altro tenore. Intanto si è scoperto che nel decreto Milleproroghe (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre 2021, non ancora convertito in legge) come riporta Il Sole 24 ore, il governo ha cambiato la destinazione d’uso di ben 575 milioni, provenienti dal miliardario sequestro ai Riva, ex proprietari della fabbrica, spostandoli dalle bonifiche necessarie al risanamento, alla decarbonizzazione della più grande acciaieria d’Europa.

Dall’altro canto Acciaierie d’Italia durante le vacanze di Natale, come ha ricordato Alessandro Marescotti, ha messo in dubbio la validità della Valutazione del Danno Sanitario effettuata sulla produzione di sei milioni di tonnellate annue da ARPA Puglia e dall’Agenzia per la Salute, e chiede una revisione dell’Autorizzazione Integrale Ambientale, per aumentare, invece, la produzione e far partire a pieno ritmo le cokerie che bruciano appunto carbone, nonostante la bocciatura degli enti di controllo, “perché troppi sarebbero i rischi per la salute dei cittadini“. Come riporta Francesco Casula su “Il Fatto Quotidiano“, lo scorso 23 dicembre “il Ministero di Cingolani ha chiesto a quello della Salute “un riscontro puntuale sulle criticità evidenziate”.

Sul Corriere del Mezzogiorno, Angelo Bonelli, co-portavoce di Verdi Europa, ha presentato una diffida ai ministeri della Salute e della Transizione Ecologica, e per conoscenza alla Procura di Taranto e al presidente della Regione Michele Emiliano, all’istituto superiore di Sanità, all’Arpa Puglia e alla Asl di Taranto, ad Ilva in amministrazione straordinaria e alla stessa azienda, a “respingere” la richiesta del Mite rivolta al ministero della Salute il 23 dicembre scorso, su sollecitazione di Acciaierie d’Italia, “di ricalcolare i valori epidemiologici che hanno portato alla Valutazione danno sanitario con rischio cancerogeno elevato“.

Urge ricordare quanto il rappresentante delle Nazioni Unite, Marcos Orellana ha puntalmente ricostruito nel proprio rapporto:

Secondo le informazioni ricevute, l’impianto e il suo processo produttivo sono obsoleti. L’ARPA Puglia ha concluso che le operazioni previste per l’impianto hanno un impatto inaccettabile sulla salute umana e sull’ambiente. Questa conclusione ha preso in considerazione gli standard nazionali esistenti sull’inquinamento atmosferico, che sono ancora meno protettivi di quelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Le autorità pugliesi hanno espresso l’opinione che la regione non ha l’autorità di emanare standard più severi. Tuttavia, questo punto di vista non è coerente con le opinioni e le pratiche delle autorità regionali in Veneto e Lazio, per esempio. Questa questione ha grandi implicazioni per la capacità dei residenti di Taranto di godere dei loro diritti alla vita, alla salute e a un ambiente sano, e dovrebbe essere chiarita.

L’Italia, ricorda il Rappresentante delle Nazioni Unitè è già stata condannata.Ci sono state sentenze giudiziarie a livello nazionale ed europeo relative all’inquinamento causato dall’Ilva. Nel 2019, la Corte europea dei diritti umani nel caso Cordella e altri contro l’Italia ha osservato che la contaminazione ambientale mette in pericolo la salute dei residenti locali e ha concluso che l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie per proteggerli efficacemente. Nel maggio di quest’anno, gli ex proprietari dell’Ilva sono stati condannati a 22 e 20 anni di prigione per aver permesso all’Ilva di spargere inquinamento mortale. Altri 24 ex dirigenti e politici locali sono stati condannati a pene detentive.

Nei giorni scorsi anche Legambiente è intervenuta, chiedendo con urgenza al governo di tornare a dedicare al risanamento ambientale ed alla tutela della salute degli abitanti di Taranto l’attenzione dovuta ad una città che continua a contare i morti causati da anni di inquinamento fuori controllo. “Va immediatamente stralciato dal decreto milleproroghe l’inaccettabile spostamento delle risorse dedicate alle bonifiche  – hanno affermato con fermezza Stefano Ciafani, presidenze nazionale di Legambiente, Ruggero Ronzulli, presidente di Legambiente Puglia e Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto-, perché la decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico deve andare di pari passo col risanamento ambientale dei siti inquinati”.

Ma quello che sta succedendo in queste settimane sembra attestare come lo Stato Italiano continui in realtà a assolvere soprattutto sè stesso dall’incapacità di tutelare la salute dei suoi cittadini.

Qui tutti gli articoli e le inchieste di Cittadini Reattivi, Nicola Petrilli e Rosy Battaglia sulle vicende di Taranto.

Articolo aggiornato alle ore 14.00 del 07/01/2022

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