“Eppure non credo che un solo componente del Consiglio di Stato esporrebbe un nipotino a un rischio sanitario inaccettabile, ma ciò che non vale per la propria vita può essere fatto valere per la vita degli altri”.
Commenta così, Alessandro Marescotti presidente di Peacelink, la sentenza del Consiglio di Stato sulle pagine de Il Manifesto.
Una sentenza che va contro l’ordinanza del sindaco di Taranto Melucci e contro al Tar di Lecce che, il 13 febbraio 2021, aveva ordinato la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento Ilva entro sessanta giorni perchè “deve pertanto ritenersi pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione”. Impianti vetusti, pericolosi e fortemente inquinanti. E, sempre secondo il Tar di Lecce, a Taranto si è deciso di favorire l’interesse economico di fronte alla salute dei cittadini.
ArcelorMittal non perse tempo e fece subito ricorso.
Il 23 giugno, come detto, il Consiglio di Stato ha rigettato la sentenza del Tar di Lecce lasciando piena facoltà di produzione all’Ilva, con l’area a caldo che quindi non si fermerà.
E continuerà ad inquinare e a mettere a repentaglio la salute dei cittadini, come viene confermato da diversi studi istituzionali e dai dati forniti a più riprese, negli anni, dal Ministero della Salute, dal rapporto Sentieri, dall’Istituto Superiore della Sanità, dall’Agenzia Sanitaria di Regione Puglia hanno a più riprese documentato l’aumento di malattie oncologiche, mortalità e ricoveri proprio a partire dai bambini. Eppure, come scrive ancora Marescotti “tale rischio sanitario inaccettabile è attestato dalla nuova valutazione danno sanitario (VDS) che certifica per il futuro un elevato rischio cancerogeno in base all’attuale autorizzazione integrata ambientale a 6 milioni di tonnellate/anno per l’azienda”.
Una situazione che nel frattempo si è ulteriormente aggravata. Come già la dott.ssa Anna Maria Moschetti ci aveva anticipato nel 2017, l’effetto dei metalli pesanti sui bambini di Taranto è deleterio anche per il loro svilippo psico-fisico. Così conferma il recente studio pubblicato sulla rivista Nature sugli effetti di piombo e arsenico che hanno portato disturbi neurocomportamentali in 299 studenti che vivono nelle zone a forte pressione ambientale di Taranto. A questo link potete rileggere la ricerca originale tradotta da VeraLeaks.
Eppure il Consiglio di Stato con questa sentenza va assolutamente in direzione opposta rispetto alla sentenza della Commissione Europea per i diritti dell’Uomo (CEDU) del 24 gennaio 2019, la quale aveva condannato l’Italia per non essere riuscita a difendere i propri cittadini dall’inquinamento dell’Ilva.
I diversi comitati tarantini dopo le prime gioie per la sentenza di primo grado del processo “Ambiente Svenduto” hanno ricevuto una battuta d’arresto, ma – attraverso un comunicato stampa a cura del Comitato Cittadino per la Salute e l’Ambiente e sottoscritto da molte associazioni anche nazionali – promettono che la loro battaglia contro ‘il grande mostro’ non si fermerà. E, appena giunta l’infausta notizia, Genitori Taranti ETS ha organizzato un flash mob ricordando che: “i bambini di Taranto vogliono vivere”.
Una sentenza che era attesa per il 13 maggio 2021 tanto che sempre le associazioni tarantine organizzarono un sit-in davanti alla sede del Consiglio di Stato e al Parlamento a Roma.
Un conflitto che non si placa, quello tra lo Stato Italiano e la popolazione tarantina, in nome del profitto e dell’interesse economico a discapito di salute e ambiente. Neppure ora che la sostenibilità ambientale e la tutela della salute dovrebbero essere in cima alle priorità nazionali ed europee, come prescrive il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e il Next Genreration Ue, dopo un anno e mezzo di pandemia globale.
A maggior ragione ciò che sta accadendo a Taranto, a nostro avviso, il più grave in atto di ingiustiza ambientale nel nostro Paese e probabilmente in Europa, con un Sito di Interesse Nazionale che non ha mai smesso di essere fonte inquinante, è inaudito.
I bambini di Taranto, come titolammo cinque anni fa la nostra inchiesta, vogliono vivere. E non possiamo stare a guardare.
Qui i nostri articoli, approfondimenti e inchieste su Taranto.
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