una collaborazione tra CORRECTIV.Europe e Cittadini Reattivi  

Sono oltre 200 miliardi nel 2021, i costi ambientali e sanitari che ricadono sulla collettività europea per l’inquinamento industriale. In Italia, oltre 9 miliardi per solo le prime 30 industrie inquinanti. Di questi, quasi due miliardi di euro (1.879.773.392) sono il costo pagato dalla città di Taranto in esternalità negative, come l’impatto sanitario e ambientale con morti premature, malattie e danni all’ecosistema causati dall’inquinamento atmosferico, tra le principali cause del cambiamento climatico. 

Qual è il vero costo della mancata transizione ecologica in Europa? Quanto pesano in termini economici le esternalità negative dell’era fossile sull’ambiente e la salute dei cittadini europei, nell’attesa che si realizzi il Green Deal? Secondo i dati in esclusiva forniti dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA)  al network investigativo CORRECTIV.Europe, di cui Cittadini Reattivi fa parte, il costo delle morti premature, delle malattie e dei danni all’ecosistema causati dalle emissioni inquinanti prodotti delle più grandi strutture industriali e agricole europee è stato pari, nel 2021, a  200 miliardi di euro,  ed è proprio la città di Taranto a pagare il prezzo più alto in Europa con quasi 9 miliardi di danni ambientali e sanitari alla collettività. 

Somme calcolate dall’EEA valutando l’impatto sull’ambiente e la salute dei cittadini europei di composti chimici derivanti dai processi industriali e agricoli come il PM10, l’ammoniaca (NH3), gli ossidi di azoto (NOx ), gli ossidi di zolfo (SOx ), composti organici volatili non metanici (NMVOC o VOC), tra cui il benzene, cancerogeno certo, e gas climalteranti come l’anidride carbonica (CO2 ), il metano (CH4 ) e il protossido di azoto (N2O), raccolti nel Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR).

Stime che vedono Germania, Polonia, Italia, Francia e Spagna, in testa alla classifica delle regioni europee più inquinate e che contribuiscono maggiormente alla produzione di gas serra, responsabili del climate change e del surriscaldamento globale. I grandi impianti industriali e gli allevamenti di bestiame sono, infatti, da soli i produttori di circa il 20% di tutto l’inquinamento atmosferico dell’UE.

Le emissioni inquinanti sono diminuite ma la qualità dell’aria rimane scarsa

Nonostante negli ultimi anni gli Stati membri dell’UE abbiano gradualmente ridotto le loro emissioni inquinanti, i veleni che ricadono in atmosfera sono ancora troppo elevati  e la qualità dell’aria rimane scarsa in molte aree.  Basti pensare che poco più di 100 dei circa 10.000 impianti presi in considerazione nello studio  The costs to health and the environment from industrial air pollution in Europedall’EEA”, sono responsabili del 50% dei danni complessivi causati dalle loro stesse emissioni atmosferiche.

La cattiva qualità dell’aria, poi, non riguarda solo la salute umana: l’inquinamento atmosferico minaccia e danneggia le foreste, le colture e la biodiversità. L’Europa sta diventando il continente che si riscalda più rapidamente al mondo. Ma, mentre il cambiamento climatico è un evento globale, le sue conseguenze, come siccità e inondazioni, sono molto localizzate, ravvicinate e sempre più evidenti.

Sempre l’Agenzia Europea per l’Ambiente scrive che “(…) non è dimostrato che esista una soglia al di sotto della quale l’inquinamento atmosferico non abbia alcun impatto sulla salute“. In altre parole, ogni inquinamento può essere dannoso. E come in Cittadini Reattivi denunciamo dal 2013, a partire dai dati dello “Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento (SENTIERI), elaborati dall’Istituto Superiore di Sanità, ribaditi sempre dall’Agenzia Europea per l’Ambiente, i bambini e gli adolescenti sono significativamente colpiti dall’inquinamento atmosferico.

In ogni zona d’Europa ad alto tasso d’inquinamento e specie nei siti di interesse nazionale (SIN) come Taranto, dove le fonti emissive sono ancora attive. Quelle aree che l’ONU e l’EPA. l’Agenzia americana per l’ambiente, hanno definito “Sacrifice zones”.

Taranto: “città sacrificio”, con l’ex Ilva industria più inquinante d’Italia e tra le peggiori in Europa 

Da  “città perfetta”, così la definì Pier Paolo Pasolini nel 1959 a “zona di sacrificio” per le Nazioni Unite nel 2022, una delle aree più inquinate della terra.  “Il diritto a respirare aria pulita è una componente essenziale del diritto umano ad un ambiente pulito, sano e sostenibile. Il rispetto di questo diritto include l’osservanza dei più alti standard di qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo è fondamentale ora più che mai a Taranto. Visti i livelli intollerabili di inquinamento a Taranto da decenni, nel nostro recente rapporto sul diritto ad un ambiente non inquinato, l’abbiamo definita una “zona di sacrificio”.  Sono le parole di Marcos Orellana, UN Special Rapporteur on toxics and human rights, da noi intervistato a giugno 2023, a seguito della pubblicazione del rapporto delle Nazioni Unite sulle “sacrifice zones”.

I dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente forniti in esclusiva a CorrectivEurope e Cittadini Reattivi, confermano il costo sanitario, ambientale e sociale subìto da Taranto. Quasi due miliardi di euro (1.879.773.392) sono il costo pagato dalla città dei due mari, in esternalità negative, come l’impatto sanitario e ambientale con morti premature, malattie e danni all’ecosistema causati dall’inquinamento atmosferico, tra le principali cause del cambiamento climatico per soli tre impianti.

A Taranto ha sede, infatti, la più grande acciaieria d’Europa, che è anche la maggior industria inquinante d’Italia e il 18esimo impianto europeo, insieme alla Centrale Termoelettrica adiacente allo stabilimento e la Raffineria di Taranto. L’EEA ha calcolato un costo che ricade sulla collettività, per il solo impianto siderurgico, che supera il miliardo di euro (per la precisione 1.135.702.144 euro), di cui ben 393 milioni/anno per la mortalità dovuta all’esposizione ai principali inquinanti atmosferici, stimata in termini di anni di vita persi e valutati dal valore di un anno di vita (VOLY) espresso in milioni di euro.

Il costo ambientale e sanitario dell'inquinamento supera il Just Transition Fund

Costi che superano la somma del Fondo per la Transizione Giusta (Just Transition Fund), messa a disposizione dalla Commissione Europea proprio su Taranto, pari a 795,6 milioni di euro.

Italsider, nata come azienda di Stato, nel 1964, arrivata ad occupare decine di migliaia di persone, cresciuta a dismisura su una superficie di 15 milioni di metri quadrati, ben più estesa del centro storico dell’antica capitale della Magna Grecia. Oggi Acciaierie d’Italia S.p.A, è in amministrazione controllata e nuovamente commissariata dallo Stato italiano, dopo l’abbandono della multinazionale Arcelormittal.

Lo “stabilimento di Taranto”, così è nominato il polo siderurgico pugliese nel Registro E-PRTR, è infatti divenuto Acciaierie d’Italia S.p.A nel 2018, con la partecipata costituita tra AM InvestCo Italy S.p.A., la società affittuaria dei rami di azienda di Ilva in Amministrazione Straordinaria creata ad hoc dalla multinazionale anglo-indiana ArcelorMittal e Invitalia, partecipata interamente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze italiano. Società che è stata dichiarata insolvente il 29 febbraio 2024 dal Tribunale di Milano.

Vista dello stabilimento ILVA, Taranto - foto di Rosy Battaglia per Taranto Chiama - Cittadini Reattivi - tutti i diritti riservati

Privatizzazione e nazionalizzazione: la storia (dell'ILVA) si ripete

Un deja vù. Già nel 1995, l’allora Italsider, con la privatizzazione dell’IRI, l'Istituto per la Ricostruzione Industriale, era stata venduta dallo Stato italiano alla famiglia Riva. Divenuta Ilva S.p.A, il più grande impianto siderurgico a ciclo integrato d’Europa arrivò a produrre 10 milioni di tonnellate d’acciaio l’anno e impiegare fino a ventimila operai. Ascesa avvenuta senza il rispetto delle norme ambientali entrate in vigore, nel frattempo.

Tanto da portare all’intervento della magistratura nel 2012 che decretò il sequestro degli impianti “senza facoltà d’uso” per “gestione disastrosa” della fabbrica, come si legge nelle oltre tremila pagine di motivazione della sentenza di condanna in primo grado della Corte d’Assise di Taranto. Sentenza pronunciata il 31 maggio 2021, per il presunto disastro ambientale causato dall’ex Ilva. “Ambiente Svenduto”, è il più grande processo ambientale tenutosi in Italia, con la costituzione di oltre 1000 parti civili, con 47 imputati di cui 3 società di cui 26 sono stati condannati per un totale di oltre 180 anni di pena. Processo giunto, mentre scriviamo, al secondo grado di giudizio, le cui udienze dibattimentali sono riprese proprio nel mese di aprile 2024.

La Corte d’Assise ha, inoltre, disposto sia la confisca degli impianti dell’area a caldo che la confisca per equivalente dell’illecito profitto nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva forni elettrici per una somma di 2,1 miliardi. Confisca mai avvenuta, in quanto tutti i governi italiani in carica dal 2012 hanno legiferato almeno 15 cosiddetti “decreti Salva-Ilva”, imponendo il proseguimento della produzione.

Perdita di PIL, perdita di vite umane

Eppure se da una parte la caduta e l’ascesa dell’acciaio di Stato è costata alle casse statali italiane almeno 8 miliardi in perdita di PIL, come calcolato dal Sole24ore, nei bilanci del gruppo Acciaierie d’Italia, che gestisce anche gli stabilimenti di Genova - Cornigliano e Novi Ligure, le passività complessive al 31 dicembre 2022, hanno superato i 4 miliardi e 700 milioni.

In questa girandola di miliardi e milioni di euro, le istituzioni italiane concentrate sul fronte occupazionale sollevato dai rappresentanti sindacali dei lavoratori, scesi a 10.500 unità, hanno “dimenticato” di affrontare il tema della questione ambientale e sanitaria, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato, a dicembre 2023, la “Valutazione dell’impatto sanitario delle attività dell’impianto siderurgico di Taranto”.

Il rapporto pubblicato grazie al finanziamento di Regione Puglia, ribadisce la consistenza anche economica del danno sanitario dell’impianto, sulla popolazione. Nel report si legge come lo stabilimento siderurgico di Taranto sia noto da diversi decenni "per i suoi impatti ambientali negativi", con "notevoli emissioni di vari inquinanti che interessano una vasta area", comprese "aree densamente popolate" della città di Taranto e il calcolo delle morte “previste” a seconda dei milioni di quintali di acciaio prodotte.

Manifestazione 22 maggio 2022, Taranto - foto di Rosy Battaglia per Taranto Chiama - Cittadini Reattivi - tutti i diritti riservati

Il diritto umano a un ambiente salubre

A ribadire, invece, l’importanza del diritto umano a un ambiente salubre per i cittadini tarantini è stata per ben cinque volte dal 2019 al 2022 la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) che ha condannato l’Italia per il persistere delle violazioni dell’art. 8, il “diritto al rispetto della vita privata e familiare” e dell’art. 13, “diritto a un rimedio effettivo“, della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (CEDU) già accertate nella sentenza del 24 gennaio 2019 in risposta ai ricorsi dei cittadini n. 54414/13 e 54264/2015, come ricorda la prof.ssa Lina Ambrogi Melle, presidente del Comitato donne e futuro per Taranto libera, nonché promotrice di due ricorsi collettivi alla Corte Europea per i Diritti Umani (CEDU) contro lo Stato italiano per la questione dell’ex-Ilva.

Violazioni persistenti sulla popolazione se, grazie al Freedom of Information Act (FOIA), Cittadini Reattivi ha ottenuto a novembre 2023, dall’Istituto Superiore di Sanità, dopo sei mesi di richieste di accesso alle informazioni al MASE, a ISPRA, all’ASL di Taranto, lo studio scientifico completo che conferma le ricadute certe dell’inquinamento del siderurgico sulle madri di Taranto, con in particolare la presenza di una molecola chimica, il 2,3,4,7,8-pentaclorodibenzofurano che “può essere considerato un marcatore di attività industriali di carattere metallurgico”.

Madre di Taranto sul lungo mare
Madre di Taranto sul lungo mare (2016)- foto di Rosy Battaglia per Cittadini Reattivi - Taranto chiama tutti i diritti riservati

La presenza di diossine e furani nel latte materno delle donne di Taranto

Lo studio, messo a disposizione dell’Ordine dei Medici della provincia di Taranto, che lo avevano chiesto per anni invano, è l’esito di una prescrizione dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, procedura indispensabile per il funzionamento dello stabilimento nel rispetto delle norme ambientali europee, che risaliva al 2012. La prescrizione 93 imponeva, infatti, all’allora ILVA S.p.A. di commissionare una campagna di biomonitoraggio per determinare la concentrazione di diossina e PCB nel latte materno nelle aree circostanza all’impianto.

Entro sei mesi l’azienda avrebbe dovuto concordare modalità e realizzare uno studio che monitorasse i licheni, l’ozono, gli inquinanti organici persistenti (diossine) secondo le indicazioni OMS e FAO con verifica di PCDD/F, PCB nel latte e sangue materno, nel pesce, nei bovini e negli ovini e nei tessuti adiposa. La campagna di biomonitoraggio sul latte materno, non è stata più effettuata, per stessa ammissione dell’Istituto Superiore di Sanità.

Manifestazione del 22 maggio 2022, Taranto - foto di Rosy Battaglia per Taranto Chiama - Cittadini Reattivi - tutti i diritti riservati

La procedura di infrazione e il ricorso alla Corte di Giustizia europea

Anche la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nel 2013 per lo stabilimento ex Ilva, ancora in istruttoria. Alla nostra richiesta di chiarimenti, il portavoce della Commissione ha dichiarato: “Dal 2013 la Commissione europea ha monitorato attivamente i progressi delle autorità italiane nell'affrontare le questioni di non conformità con la Direttiva sulle Emissioni Industriali sollevate nel Parere Motivato. Le autorità italiane hanno adottato nel 2017 un Piano Ambientale con l'intenzione di risolvere tali questioni entro il 23 agosto 2023. La Commissione sta attualmente valutando le ultime informazioni comunicate dalle autorità italiane a questo riguardo”. Ribadendo che “poiché si tratta di una procedura di infrazione in corso, tutti gli scambi con le autorità nazionali (incluso il parere motivato) non sono pubblici”.

In questo contesto è comprensibile come cittadini e associazioni come Genitori Tarantini, impegnati nella tutela della salute dei bambini e della bambine di Taranto, siano ricorsi infine anche alla Corte di Giustizia europea, che ha fissato per il 25 giugno 2024 l’udienza pubblica per la pronuncia della sentenza in merito all’azione inibitoria collettiva contro l’ex Ilva,  promossa da 10 cittadini aderenti all’associazione e da un bambino di 11 anni affetto da una rara mutazione genetica. La class action è stata firmata successivamente da oltre 130 cittadini.

Cartello affisso dai Genitori Tarantini, nel quartiere di Tamburi, maggio 2017 - foto di Rosy Battaglia per Cittadini Reattivi - Taranto Chiama - tutti i diritti riservati

Crollo della produzione d'acciaio, ma non delle emissioni di benzene

Ad oggi, nonostante la diminuzione della produzione, lo stabilimento di Taranto continua a produrre sostanze nocive, con un preoccupante aumento dei livelli di benzene, noto cancerogeno, rilevato da ARPA e ISPRA, come il prof. Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, ha denunciato alla Commissione Petizioni del Parlamento europeo, l’8 aprile 2024, arrestatesi, ironia della sorte, solo nelle scorse settimane per il fermo dell’ultimo altoforno ancora attivo, AFO4, ora in manutenzione.

Proprio al prof. Alessandro Marescotti, dobbiamo la partenza delle indagini della magistratura. Fu lui che insieme all'ex operaio dell’ILVA, Piero Mottolese, portò alla magistratura inquirente un pezzo di formaggio ottenuto dal latte delle masserie intorno al siderurgico: conteneva quantità elevatissime di diossine. A riprova di quel dato, da lui letto proprio nel Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (E-PRTR) quasi vent’anni fa, di cui la popolazione tarantina ignorava l’esistenza.

“Tutto l’acciaio del mondo non vale la vita di un solo bambino”. 

I fotogrammi che accompagnano questa inchiesta sono estratti dal documentario “Taranto chiama”, di prossima uscita, di cui questa investigazione è parte integrante, realizzata in autofinanziamento grazie alle donazioni di oltre 300 sostenitori da tutta Italia. Se vuoi proseguire a sostenere il nostro giornalismo indipendente puoi donare qui.

una collaborazione tra CORRECTIV.Europe e Cittadini Reattivi  

Questa indagine fa parte di una collaborazione tra Cittadini Reattivi  e CORRECTIV.Europe, un network per il giornalismo locale che realizza ricerche investigative basate sui dati insieme alle redazioni locali in tutta Europa. CORRECTIV.Europe fa parte della redazione investigativa non profit CORRECTIV, che è finanziata da donazioni.  Maggiori informazioni su correctiv.org/en/europe/

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La bellezza di Taranto . marzo 2023 - foto di Rosy Battaglia per Taranto chiama - Cittadini Reattivi tutti i diritti riservati

 

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