Inquinamento e salute: cosa è successo e cosa accade ancora nella Valle del Sacco? A partire da questo interrogativo, durante l’evento streaming tenutosi nell’ambito del progetto Civic Inn 5.0 – Reattivi si cresce si è avuto modo di approfondire qual è l’eredità dell’industria fossile in quest’area tra le province di Roma e Frosinone che coinvolge 19 Comuni. Parliamo di uno dei uno dei 60 Siti di Interesse Nazionale (SIN) e Regionale (SIR). Nello specifico, di uno dei 42 siti di interesse nazionale, cioè di quei siti per i quali lo Stato ha riconosciuto che il livello di inquinamento è così grave da dover intervenire con delle bonifiche.

Più volte abbiamo parlato di questo territorio e di come, a partire dalle Casse per il Mezzogiorno istituite per l’industrializzazione del Sud Italia negli anni ’60, sia iniziata una gravissima crisi ambientale e sanitaria che è in atto ancora oggi.

Insieme ad Alberto Valleriani, presidente della Rete Tutela Valle del Sacco (RETUVASA),  la prof.ssa associata del dipartimento di Biochimica dell’Università La Sapienza di Roma Margherita Eufemi, il dottor Luigi Montano, andro-urologo dell’Asl di Salerno e membro di ISDE – Medici per l’Ambiente, la presidente del circolo di Legambiente Anagni Rita Ambrosino e Emanuele Akira Genovese di Fridays For Future Roma, abbiamo fatto il punto di qual è ancora oggi la situazione di questo territorio che, seppur ancora tanto contaminato, può essere considerato una buona pratica dal punto di vista delle attività di monitoraggio e di divulgazione da parte della cittadinanza attiva.

La voce dei Cittadini Reattivi della Valle del Sacco

Perché è importante parlare della Valle del Sacco e, soprattutto, perché è importante parlarne ai ragazzi? Partendo da questa domanda, il presidente di RETUVASA Alberto Valleriani ci ha raccontato come: “La Rete Tutela Valle del Sacco (RETUVASA) ormai da 15 anni parla ai ragazzi. C’è ancora la necessità di parlarne anche se in qualche modo la percezione del rischio ambientale sta cambiando anche in questo territorio”.

Inoltre, ha continuato Valleriani: “Prima eravamo una delle zone a più bassa reattività sociale, adesso la situazione fortunatamente è migliorata. Però è sempre opportuno mantenere alta la guardia, infatti, negli incontri nelle scuole ci rendiamo conto che i ragazzi che incontriamo non sanno nulla del territorio in cui vivono e delle forti caratteristiche a livello ambientale che ci sono. In più, continuiamo anche a fare assemblee e abbiamo deciso di farle in tutti i Comuni che fanno parte del SIN, in modo di poter aumentare le possibilità di apportare più informazioni al territorio ma anche di creare più reti. Queste sono fondamentali se si deve affrontare la situazione in maniera più strutturata. Parlo ad esempio di manifestazioni, ma anche di altro. Basti pensare a diverse scelte che continuano a voler essere prese dalla politica dimenticando ciò che è accaduto in passato. Questo testimonia che se si lascia un po’ il freno, le persone dimenticano e credono che tutto stia tornando alla normalità. Questo non è vero, siamo in un territorio ancora molto compromesso, tanto che siamo in attesa di nuove verifiche dei suoli, sia di quelli delle aree agricole che di quelli delle aree industriali”.

A proposito di cittadinanza attiva e partecipazione a Colleferro (RM), Alberto Valleriani, poi, ha raccontato come: “Negli ultimi anni, sia con le varie associazioni e, in alcuni casi anche con le amministrazioni locali, abbiamo ottenuto dei grandi risultati per evitare che si continuasse sull’onda negativa del passato. A Colleferro, ad esempio, siamo una delle poche città che è riuscita ad abbattere due linee di incenerimento dei rifiuti. Tuttavia, nonostante le nostre richieste, la Valle del Sacco non è ancora a conoscenza dei dati che riguardano lo stato di avanzamento delle bonifiche pur essendo uno dei SIN più estesi. Non mancano, invece, i dati sanitari ottenuti grazie a ben 3 studi epidemiologici. Grazie alle nostre spinte siamo riusciti a collaborare con il Dipartimento di epidemiologia della Regione Lazio e ad avere un sito di riferimento dove vengono indicati gli indicatori di salute suddivisi Comune per Comune”.

Altra protagonista della cittadinanza attiva nella Valle del Sacco è la presidente del Circolo di Legambiente Anagni Rita Ambrosino. Proprio lei, nel corso dell’evento dello scorso 24 novembre, ha aggiunto diverse considerazioni sulla situazione di questo territorio: “La Valle del Sacco è fatta di tante realtà diverse, tanti Comuni con caratteristiche diverse ma uniti da una continuità di problemi che sembrano non voler essere affrontati. Sono decine di anni che siamo in testa alle peggiori classifiche in termini di qualità dell’aria“.

“Invece di cercare di sanare le ferite che ci ha lasciato il passato sembra che queste vengano ignorate – prosegue Rita Ambrosino -. Basti pensare al tentativo di deperimetrare il SIN che trova l’appoggio di diversi personaggi dalla classe politica locale e degli industriali della zona. Ci sono davvero pochissime industrie che lavorano nell’ottica della sostenibilità. Una, ad esempio, è la Cartiera di Guarcino, un piccolo Comune dei Monti Ernici a pochi km dalla Valle del Sacco. Questa industria prende l’acqua dal Fiume Cosa che è un affluente del Sacco e fino a poco tempo fa era un problema ecologico perché si alimentava con una centrale a olio di palma. Dal 2015 è stata completamente rimodernata e oggi è una realtà industriale che rifornisce tutta Europa di carta speciale e che da lavoro a circa 200 persone in un paese di 3000 anime, autoproducendo l’energia che utilizza. Preleva l’acqua dal fiume e gliela restituisce pulita tramite una centralina che, collegata ad Arpa, bloccherebbe gli impianti non appena si dovesse uscire fuori dai parametri. Su 100 l d’acqua che preleva ne restituisce 93. Le industrie sane servono all’economia sana e all’ambiente”.

“Questa realtà – ha concluso Ambrosino – è un caso sporadico che dovrebbe fungere da esempio per gli altri ma non è così.  Basti pensare che il depuratore di Anagni è fermo da più di 30 anni. La presidente di Confindustria ci ha detto che la Regione lo farà partire tra poco ma sono annunci ai quali facciamo fatica a credere perché ci sono stati troppi esempi che ci hanno fatto capire che la volontà di risanare questo territorio rimane solo nella forza e nella speranza dei cittadini che fanno opposizione. Lo dimostrano anche i consumi di suolo: Anagni ha un consumo di suolo del 10% l’anno che è superiore alla media della provincia di Frosinone che è 7,6% e superiore alla media del Lazio. Non ci sono neppure miglioramenti per la mobilità pubblica, qui siamo tutti costretti ad avere almeno una macchina per ogni componente della famiglia perché altrimenti sarebbe difficile muoversi”

I preoccupanti dati sanitari nella Valle del Sacco

Ad aprire il tema sugli sconcertanti dati sanitari nella Valle del Sacco, nel corso dell’evento streaming è stata la prof.ssa associata del dipartimento di Biochimica dell’Università La Sapienza di Roma Margherita Eufemi, spiegando gli studi e le ricerche che ormai da tempo conduce sul beta-esaclorocicloesano (Beta-hcc), componente del lindano: “Nonostante sia ormai vietato in 52  Paesi, a livello mondiale ci sono 7 mln di tonnellate di scarto del lindano. Si tratta di uno degli inquinanti più stabili e più difficilmente biodegradabili, tanto un gruppo indiano ha definito la Terra come ‘lavandino del lindano’. Noi lo abbiamo definito l’inquinante fossile perché è quello che è più impattante su tutto il globo. La Valle del Sacco, che è anche la mia terra, è uno dei siti contaminati da questo pesticida seppur tra le produzioni degli anni ’60 non era il pesticida principale. Dal 2015 studiamo quali sono gli effetti di questa molecola sull’ambiente e sulla salute. Lo abbiamo dimostrato con la pubblicazione di 5 lavori che definisco studi biochimici-cellullari e che hanno contribuito a capire  cosa scaturisce questa molecola all’interno della cellula”.

“Ad oggi – spiega la prof.ssa Eufemi –  sappiamo che il primo impatto di qualsiasi patologia parte sempre da una cellula. Di fatto, questi studi sono importanti perché ciò che una molecola fa all’interno di una singola cellula ci fa capire come sia la sua omeostasi e, cioè, il suo benessere.  L’omeostasi di una cellula può, quindi, impattare su tutto l’organismo. Il primo impatto di qualsiasi patologia, infatti, parte sempre da una cellula e con i nostri studi sul lindano, possiamo dire che la molecola del beta-esaclorocicloeano è una vera e propria bomba. L’effetto finale che questo composto ha su una cellula normale è quello di trasformarla in cellula tumorale. Certo, entrano in gioco anche i sistemi immunitari che permettono all’organismo di smaltire questa sostanza, ma sono prettamente soggettivi. Ciò può accadere in 10, 20 o 50 anni. Tuttavia, questa molecola può far sorgere insulino-resistenza, un ovaio policistico, sterilità e un processo infiammatorio più persistente che può portare al tumore. Ma prima dei tumori, nelle popolazioni residenti nei territori inquinati ci può essere la manifestazione di diverse patologie”.

Tornando agli studi più recenti, la prof.ssa Eufemi conclude che: “A differenza dei lavori passati su cui ci siamo occupati di tumori ormono-dipendenti come quello della mammella o della prostata e agli epatocarcinoma perché correlati all’attività da interferente endocrino del lindano,  in quelli in prossima pubblicazione abbiamo esteso il lavoro su un pannello più ampio di linee cellulari e di tessuti tra cui il polmone, il cervello, l’ovaio e il pancreas. Ciò che abbiamo riscontrato, infatti, è che questa molecola attiva la cancerogenesi anche in questi tessuti. Inoltre, ci siamo anche chiesti come risponde alle terapie un paziente oncologico che ha nel sangue questa molecola. Questo perché sono molto noti i meccanismi di chemio resistenza in questo tipo di pazienti. Quindi, ci siamo chiesti cosa può aiutare l’organismo a difendersi e abbiamo trovato risposta nell’alimentazione. Ad esempio, abbiamo visto che il principio attivo del pomodoro e dell’acqua di vegetazione dell’olio di oliva aiutano ad innescare dei meccanismi di difesa dagli effetti dannosi del lindano. Sono convinta, infine, che vada creata una politica sanitaria ad hoc nei territori inquinati“.

Altro prezioso contributo sui dati sanitari della Valle del Sacco ce lo ha dato, poi, il dottor Luigi Montano, andro-urologo dell’Asl di Salerno e membro di ISDE – Medici per l’Ambiente. “Come gruppo di ricerca – ha spiegato – stiamo monitorando maschi sani che vivono in aree ad alto impatto ambientale, paragonando i dati con i ragazzi che vivono in zone a basso impatto ambientale. L’area che mettiamo a confronto è quella della Valle del Sele, nell’alto salernitano. Qui, infatti, c’è un’importante biodiversità e grazie ad all’alta presenza di lucciole che, insieme alle api sono indicatore di salute ambientale, possiamo dire che sia un’area poco compromessa dall’inquinamento. Nei primi studi abbiamo proprio confrontato la qualità del liquido seminale dei ragazzi che vivono in questa Valle con quello dei ragazzi della cosiddetta Terra dei Fuochi. Oltre alle valutazioni tossicologiche sul seme abbiamo fatto anche quelle sulle urine, valutando la presenza di metalli pesanti, diossine, PCB e VOC”.

“In merito ai risultati nella Valle del Sacco – ha proseguito Montano – abbiamo osservato delle differenze importanti anche maggiori rispetto alla Terra dei Fuochi. Parliamo di ragazzi di 20 anni, non fumatori, non bevitori e non esposti professionalmente. Abbiamo allargato questo studio a territori compromessi come Brescia, Vicenza, Modena e Capriolo, fino in Spagna. Ci ha meravigliato proprio, come nella Valle del Sacco ci sia una qualità del liquido seminale tra le più scarse. Nello studio del 2021, i parametri di questo territorio sono risultati i peggiori. Dal momento in cui il liquido seminale è un bio-accumulatore, pensiamo che al di là del lindano ci sia anche un insieme di altri fattori poiché anche altri metalli sono risultati in eccesso”.

Cosa fare? Per il dottor Luigi Montano: “L’unica operazione da fare sarebbero le bonifiche serie dei territori. Nelle Fiandre, nel 2015 è stato pubblicato un lavoro sulla bonifica effettuata da diossina e BCP e si è visto come, bonificando, nel giro di 20 anni la motilità degli spermatozoi migliorava. Lo stesso è stato riscontrato in uno studio analogo effettuato in Cina nel 2o22. Cosa possono fare, invece, i ragazzi che vivono in queste aree per evitare la contaminazione? Devono innanzitutto conoscere quali sono i rischi ambientali. Oggi si parla spesso di climate change ma molti non si rendono conto delle esposizioni che hanno dietro casa. In più, l’alimentazione mediterranea bio è importante per aiutare a prevenire le patologie correlate all’inquinamento. In alcuni studi, infatti, è emerso che la dieta mediterranea riesce a modulare la frammentazione del DNA. In un altro studio, poi, si è evidenziato come questo tipo di alimentazione aiutava ad aumentare il testosterone. Tutto ciò avviene perché la dieta mediterranea è ricca di fitonutrienti, antiossidanti e detossificanti che hanno un’azione di contrasto e di modulazione degli effetti degli stessi inquinanti. Di fatto, in attesa delle bonifiche vanno modificati gli stili di vita”.

“Il seme – ha concluso il dottor Montano – è un campanello d’allarme non solo di infertilità ma anche di qualità della vita. Può fare prevenzione anche su moltissime patologie cronico-degenrative. Il cancro è una di quelle, anche se alla base ci sono tutta una serie di patologie che potremmo definite minori anche se non lo sono. Ad esempio con l’infertilità mettiamo a repentaglio la capacità di riproduzione della nostra specie. Dunque, studiare i bio-marcatori riproduttivi significa fare prevenzione sulla salute in generale. L’infertilità è predittiva di tutto il resto”.

Generazioni a confronto: Quali azioni dovrebbero incrementare movimenti come FFF?

Ad intervenire come portavoce delle nuove generazioni di attivisti nell’evento streaming dedicato alla grave crisi ambientale e sanitaria della Valle del Sacco è stato il referente di Fridays For Future Roma Emanuele Akira Genovese.

“Quello che posso aggiungere – ha dichiarato – è che, in effetti, nella comunicazione dei movimenti climatici degli ultimi anni, gli aspetti su cui ci si è concentrati di più sono i concetti macro della giustizia climatica. Cioè, sugli aspetti distributivi delle risorse, di chi le detiene e come vengono usate. Ma ci si è occupati anche della giustizia climatica come questione procedurale e cioè dell’aspetto della gestione delle risorse. L’altro aspetto che è anche più vivo sui territori è la dimensione riparativa e per i luoghi più celebri l’attenzione è stata forte, però i SIN sono tantissimi e una delle pecche più forti del movimento climatico è proprio quella di non essere riuscito a comunicare l’urgenza e l’importanza di intervenire su tutti i SIN da bonificare. Sia che lo dovesse fare l’amministrazione pubblica o un ente privato come, ad esempio, Eni a Gela. Di fatto l’avanzamento delle bonifiche è basso. Basta leggere diversi dati sul sito del Ministero dell’Ambiente dove spesso la percentuale di avanzamento delle bonifiche è dello 0%”.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

 

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.