Succedono anche cose belle, soprattutto quando la forza e la resilienza di quei cittadini che non si stancano di voler difendere la bellezza naturalistica, paesaggistica e storica della loro terra, confluiscono nella gestione e nella cura degli spazi pubblici e della Natura.
E’ il caso di Anagni e del progetto legato al giardino Ousmane, una storia che parte dalla necessità dei cittadini di realizzare realtà socialmente utili e di riscatto per la propria terra.
E’ il caso di Anagni, borgo medievale in provincia di Frosinone, che dal 2016 rientra nel SIN (Sito di Interesse Nazionale) del Bacino del Fiume Sacco a causa dell’industrializzazione lungo le sponde del fiume e, dove urgono bonifiche, non ancora fatte, a causa di sversamenti di liquami industriali.
Il giardino Ousmane, però, è l’esempio di come l’attivismo, l’associazionismo e il volontariato possono rendere fruibile per la cittadinanza un luogo pubblico, prima in stato di abbandono.
A questo link puoi leggere l’articolo della nostra collaboratrice Elisa Rossi che ha visitato il giardino insieme al Presidente dell’associazione Sconfinatamente ODV, Carmelo Selvaggio, e a due volontari, Massimo Silvestri e Daniela Morini, promotori di diversi progetti e attività che vengono svolte all’interno del parco.

Mentre le riprese del documentario Taranto Chiama proseguono e, mentre, scopriamo storie fantastiche di riappropriazione di spazi abbandonati o quasi, ci viene subito alla mente quante potenzialità di rinascita e di ripresa potrebbe avere la città di Taranto e, in particolare, i quartieri circostanti lo stabilimento Ilva, oramai esausti dalla situazione legata all’inquinamento.
Situazione tragica, come ben sapete, che aumenta anche in questi giorni di Wind Day. Situazione tragica, certificata dall’ennesimo lutto in città: pochi giorni fa, infatti, l’Associazione Genitori Tarantini ETS ha ricordato l’ennesima morte prematura di una bambina di soli 8 mesi, colpita da leucemia fulminante.

Purtroppo, il Sesto Rapporto Sentieri, pubblicato recentemente, segnala – appunto – “un eccesso di decessi per leucemia in età pediatrica (0-14 anni) riferito al genere femminile” (Fonte: VI Rapporto Sentieri, pag. 227), per il SIN di Taranto.
Un’ulteriore motivo per ribadire fermamente che il decreto legge n.2 del 5 gennaio 2023, che prevede che non sia consentito fermare gli impianti anche in presenza di sequestri da parte della Magistratura e quindi si stabilisce l’immunità penale per chi prosegue le attività dello stabilimento, sia una legge assolutamente sbagliata e ingiusta nei confronti della cittadinanza.
Una piccola speranza arriva dal Parlamento Europeo recentemente “interrogato” rispetto alla violazione di tre direttive Europee, tra cui appunto il principio del “chi inquina paga” (art. 1 della direttiva 2004/35/CE) e che, in prima istanza, ha deciso di porre l’attenzione proprio su questo decreto, rispondendo che: “la Commissione sta attualmente valutando la questione sollevata dall’onorevole deputato. Sulla base dell’esito della valutazione, deciderà in merito alla linea d’azione più opportuna da intraprendere”.

“Chi inquina paga”, non può rimanere una sola speranza.

Nicola Petrilli per Cittadini Reattivi APS

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