Il Corteo davanti alla Prefettura di GenovaGenova, 27 gennaio. È innanzi tutto una battaglia per difendere l’occupazione quella che stanno combattendo i lavoratori dell’Ilva di Cornigliano e di altre imprese metalmeccaniche di Genova, ma a monte ci sono considerazioni su ambiente e salute. La mobilitazione dei lavoratori che per tre giorni hanno occupato l’impianto ligure riguarda infatti la possibile dismissione dell’accordo di programma firmato nel 2005, quando si è deciso di chiudere delle attività considerate inquinanti, a patto che il lavoro e il salario dei 2200 esuberi fossero garantiti così come gli investimenti sulle altre linee della fabbrica.

Ora, in occasione della possibile vendita dell’azienda ai privati, per incentivare l’interesse dei compratori, il governo vorrebbe abbandonare questo accordo.

Il messaggio del corteo: Pacta Servanda SuntMa le ricadute sono molte. Non si tratterebbe solo di ignorare un patto firmato tra lavoratori, città e governo – e come recitava lo striscione dei manifestanti, pacta servanda sunt. Si tratterebbe anche di espropriare ambiente e salute del loro valore intrinseco e farne una semplice merce di scambio. Rendere vuoto un accordo importante che andava nella giusta direzione della tutela e della prevenzione, minare la credibilità di simili azioni in futuro lasciando intendere che i patti possono non essere rispettati. Chi, davanti a una nuova Ilva, a nuovi impianti inquinanti e a nuove vittime dell’inquinamento, deciderà di sacrificare la produzione a beneficio della salute e della salubrità dell’ambiente, se c’è il rischio che le garanzie non vengano onorate? Significa cedere al ben noto ricatto occupazionale, in cui il diritto al lavoro è più forte di quello alla salute. Ma chi ha detto che le due cose debbano per forza essere in contrasto?

Sembra che questo, a Genova, sia un punto superato.

Bruno Manganaro, segretario Generale FIOM Genova, con la lettera ricevuta dalla prefettura“Il problema dell’ambiente l’abbiamo affrontato con quell’accordo di programma”, dichiara Bruno Manganaro, segretario generale della FIOM di Genova, che non sembra preoccupato delle ricadute in termini di salute dell’impianto e dell’industria. “Ci fu un patto con la città: si chiude un’attività siderurgica ma non perdiamo i posti di lavoro”. Continua: “Ho messo insieme l’ambiente e il lavoro, ho cercato di difendere tutt’e due e oggi mi tocca pagare pegno?”. E aggiunge: “Cornigliano ha anche visto una rivalutazione delle case che di solito è un segnale”.

E allora al terzo giorno di mobilitazione e sciopero, mercoledì pomeriggio i lavoratori dell’ILVA sono rientrati al lavoro, dopo che la delegazione con Manganaro ha ricevuto dal prefetto una lettera in cui si dichiara che al prossimo incontro per il collegio di vigilanza ILVA, il 4 febbraio, sarà presente il sottosegretario del Ministero dello Sviluppo Economico, Simona Vicari.

Giuliana Sanguinetti, Partito Comunista dei Lavoratori“Altro che esultare e tornare a lavorare” dice Giuliana Sanguinetti, del Partito Comunista dei Lavoratori, medico in pensione che continua ad esercitare la professione come volontaria. Giuliana non crede che la salute ora sia tutelata: “Lo dimostra l’aumento di neoplasie nella zona intorno a Genova”, dice. “L’impianto è da rinnovare, occorre una ristrutturazione della fabbrica, che garantirebbe il lavoro agli operai impiegati in questa nuova attività”. Il messaggio di Giuliana al corteo è chiaro: bisogna salvaguardare sia il lavoro sia la salute. “Purtroppo in questa manifestazione siamo solo noi ad avere a cuore questa questione, mentre per il sindacato il lavoro sta sopra a tutto.” Poi succede come a Taranto, dove di Ilva si muore.

Gloria Schiavi per Cittadini Reattivi

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