Venerdì 15 settembre si è conclusa la seconda diretta online del progetto CIVIC INN 5.0 – Reattivi si cresce che, attraversando l’Italia da Nord a Sud ha come scopo l’educazione e l’informazione alla cittadinanza attiva, promuovendo un confronto tra diverse generazioni di attivisti.
Realizzato con il sostegno dell’Otto per Mille della Chiesa Valdese e in collaborazione con Isde – Associazione Medici per l’Ambiente e l’Osservatorio per la Comunicazione e l’informazione nella PA in Italia e in Europa (OCIPA) dell’Università di Salerno, insieme alla rete nazionale del Fridays For Future, il progetto farà la sua prima tappa dal vivo in Piemonte, a Casale Monferrato, il prossimo 26 settembre. E proprio dal Piemonte, precisamente da Torino e dalla Val Di Susa, la secondo diretta ha lasciato spazio alle testimonianze di due voci e generazioni dell’attivismo piemontese per chiedersi: “Cambiamo clima? Cosa succede in Piemonte, tra inquinamento e TAV.”
L’emergenza climatica in Piemonte
Come premesso da Alberto Poggio – ingegnere e ricercatore universitario che si occupa di valutazioni ambientali e pianificazione territoriale di impianti e infrastrutture industriali ed energetiche, nonché membro della Commissione Tecnica nominata dall’Unione Montana dei Comuni della Valle di Susa per studiare l’evoluzione del progetto della Nuova Linea Ferroviaria Torino – Lione – durante il suo intervento: “Dentro il progetto Tav ritroviamo tutte le contraddizioni del nostro modello di sviluppo, dei problemi che abbiamo con il tema della crisi climatica a scala locale e dell’utilizzo delle risorse, nonché dei problemi di qualità dell’aria che invece abbiamo nel contesto della Pianura Padana e in particolare dell’area torinese tra le più inquinate in assoluto in Italia e in Europa“.
Infatti, Il Nord è l’area più toccata dal problema dell’inquinamento atmosferico in Italia e, non va dimenticato che secondo i dati dell’OMS, nel mondo ogni anno muoiono 7 milioni di persone. Si tratta di dati drammatici che, tra le altre cose, coincidono con i numeri relativi alle vittime del Covid-19. Non a caso, ha ricordato la presidente di Cittadini Reattivi Rosy Battaglia nel moderare l’incontro: “il Parlamento europeo ha approvato l’adeguamento delle norme che rispecchiano i valori dell’Oms per quanto riguarda la qualità dell’aria. Durante la pandemia con il blocco totale delle auto, il rilevamento dell’Arpa sulla qualità dell’aria in Pianura Padana, aveva riscontrato un crollo del biossido di azoto di almeno il 40%. Ciò significa che bloccare il traffico veicolare privato ci porta a respirare come dovremmo. Ogni anno, invece, in Pianura Padana muoiono prematuramente almeno 50.000 persone e questi sono numeri che purtroppo ci ha ricordato la pandemia”.
Generazioni a confronto: parola a Luca Sardo (Fridays For Future Torino)
Di emergenza climatica in Piemonte, di attivismo ambientale dei più giovani, di vittime stradali che scelgono di muoversi con la mobilità sostenibile e dell’importanza di incrementare sui media l’informazione relativa all’impatto ambientale se ne è parlato con il secondo ospite: Luca Sardo – attivista di Fridays For Future dal 2019 che studia Economia dell’Ambiente presso l’Università di Torino e che è stato portavoce nazionale del movimento nel 2022 – che si è collegato in diretta dalla manifestazione dello sciopero globale per il clima organizzata a Torino che ha avuto come slogan l’hastag #resistenzaclimatica.
“La mobilitazione da cui parlo è divisa in due parti della città – ha dichiarato Luca Sardo -. Abbiamo fatto un presidio di fronte al Municipio come accade da 4 anni nei venerdì dedicati allo sciopero del clima per le città che non sono sede di un parlamento affinché il tema del cambiamento climatico venga inserito nell’agenda politica. Adesso ci stiamo spostando perché stiamo facendo un’azione di disobbedienza civile in corso Brescia, disegnando una ciclabile su uno dei corsi più trafficati di Torino. A Torino ogni anno si contano circa 20 vittime di persone che scelgono di muoversi con la mobilità sostenibile. Abbiamo quindi deciso di riprenderci i nostri spazi e disegnare per terra una ciclabile per aiutare chi si sposta in bicicletta a poterlo fare in sicurezza”.
“Fino a quando mi attivai politicamente per questo movimento avevo l’impressione che tematiche così grandi come il cambiamento climatico o come la difesa di un pianeta su cui vivere e far vivere i nostri figli fossero qualcosa di molto più grande di noi e che fosse quasi impossibile avere un impatto, far sentire le nostre voci o anche solo le nostre paure. Per questo mi concentravo su quello che potevo fare io, su quello che ognuno di noi può fare per vivere più in armonia con l’ecosistema da cui dipendiamo. A un certo punto mi sono reso conto che questo non bastava ma serviva mettere in moto dei veri e propri processi collettivi, attivazione politica, ridefinizione dell’agenda politica e di pressione su chi ha la possibilità di muovere leve molto più grandi di quelle che muoviamo noi in tema di economia, di energia e di mobilità. Bisogna attivarsi come un collettività di fronte ad un emergenza così grande. Questo perché tutto non dipende dalla nostra singola vita ma da sistemi economici e energetici in cui viviamo che non possiamo cambiare personalmente ma che possiamo ridefinire a partire da un’azione collettiva. Per questo è fondamentale riuscire a mantenere questa dimensione di movimento di massa e riuscire a muovere settori sempre più ampi della società che vadano al di là degli studenti ma che includano anche i sindacati e i lavoratori“, ha continuato Luca Sardo, cercando di spiegare alle generazioni più giovani di lui l’importanza dell’attivismo collettivo nell’ambito del cambiamento climatico e dell’inquinamento.
Ma non solo, perché toccando il tema di quanto sia importante distaccare le grandi testate giornalistiche dagli introiti delle sponsorizzazioni dell’industria fossile, Luca Sardo ha le idee chiare: “C’è da dire che nonostante adesso la copertura dei media sia sensibilmente aumentata, non ha ancora la copertura che ha avuto all’inizio la pandemia Covid 19 nonostante questa crisi ponga più interrogativi, più problemi e rischi per la nostra specie. Questo controllo sulle testate più importanti a livello nazionale è pericolosa, non è una censura ma è una linea editoriale molto chiara che tutela le aziende fossili”.
Passando al tema della linea ferroviaria Torino – Lione, poi, Luca Sardo ha fatto sapere come anche Fridays For Future segue la questione: “Forse è l’opera che più avrà impatto in termini di emissioni nei prossimi 10-15 anni che in Italia. I benefici ambientali, lo ha stabilito anche la Corte dei Conti Europea, arriveranno dal 2070 in avanti e rischiamo in tutto questo tempo in cui è cruciale restare sotto il grado e mezzo di sprecare il poco budget di carbonio che ci rimane”.
Tav in Val di Susa: i paradossi di un’infrastruttura ancora non realizzata spiegati da Alberto Poggio
Proprio di Tav si è parlato con l’esperto del tema Alberto Poggio che durante la diretta ha illustrato in maniera completa le problematiche e le alternative al progetto della Torino – Lione: “parliamo di un’infrastruttura ferroviaria che è stata proposta come un qualcosa di utile e necessario. Ecco, noi discutiamo intorno a questa utilità e necessità – ha detto Poggio -. Stiamo parlando di costruire ex novo 270 km di ferrovia che però si aggiungono a un sistema di linee ferroviarie esistenti e funzionanti con una certa capacità di trasporto. In questi 270 km all’interno abbiamo l’opera principale che è un tunnel di 60 km costituito da due gallerie parallele una per senso di marcia che attraversa il confine tra Italia e Francia. Ma oltre a questo tunnel che è l’opera più costosa (circa 10 miliardi di euro), ci sono poi degli ulteriori tratti di ferrovia che dal tunnel devono raggiungere Torino e Lione”.
Ma cosa è stato realizzato, ad oggi della Torino – Lione: “Nemmeno un metro di nuova ferrovia, perché in 22 anni si è discusso, si sono fatti i sondaggi diagnostici, si sono fatti e rifatti più volte i progetti e si sono spesi un sacco di soldi (2 miliardi di euro). Del tunnel di base sono stati scavati dei cunicoli esplorativi ma non è ancora stato realizzato e i lavori di scavo definitivo devono ancora essere avviati. Questa è la situazione italiana: lavori zero, progetti zero. La Francia, che ha la parte più importante della Torino – Lione, invece, dal momento che il flusso di traffico merci (quello che guida la necessità della costruzione dell’opera), non crescono da circa 20 anni ha deciso che non costruirà nulla di nuovo e che ammodernerà le linee già esistenti. Il tunnel, quindi, è una cattedrale nel deserto perché prima e dopo non ha nulla e ci costa 2 miliardi di euro a cui non corrisponde nulla in termini di funzionalità ferroviaria reale. Questa spesa va praticamente tutta in lavori preliminari mentre il costo del tunnel di base è ancora tutto da spendere (sono 10 miliardi) e ciò non significa avere la Torino – Lione perché il tunnel con quei soldi non riesce ad arrivare ancora né a Torino né a Lione. In più ci sarebbero tutte le linee nuova da realizzare e questo significherebbe un costo di 30 miliardi di euro circa. I tempi di realizzazione, poi, non sono misurabili nell’arco della metà di questo secolo”, ha continuato Alberto Poggio.
In merito all’impatto dell’opera su una situazione ambientale già critica come quella piemontese, poi, l’ingegner Poggio ha continuato: “è molto interessante mettere a confronto la situazione di quest’opera con la questione del blocco dell’Euro 5. Il Piemonte, che ha questa fama di Regione di popolazione molto rigorosa e molto seria, di fatto ha dato prova di confusione di fronte al tema, chiedendo supporto al governo per prorogare il blocco di un anno. Di fronte a questo tema va discusso il paradosso con il quale si investono i soldi. Di fatto, la Torino – Lione fa molto più male ai torinesi perché sta sottraendo risorse utilizzabili per interventi sul trasporto pubblico locale. Questa è alternativa a chi usa l’auto a Torino dato che è una città disastrata da questo punto di vista. Torino, ad esempio, ha una sola linea della metropolitana. Non stupisce, quindi, che la maggior parte delle persone sceglie l’auto e che il blocco stradale di alcuni mezzi sia vissuto come una situazione apocalittica. Costruire 1 km di linea metropolitana a Torino costa meno di quello che costa costruire 1 km di Torino – Lione. Ci sono centinaia di migliaia di euro congelati da anni nelle casse dello stato per la Tav, ma chi deve costruirla non è capace di farlo per cui togliamo questi soldi dove non vengono utilizzati e mettiamoli per dare un’alternativa utile a Torino”.
“Cosa mi sento di dire alle nuove generazioni? – ha concluso Alberto Poggio – Che bisogna cambiare il quadro del contesto in cui si ragiona. Ancora oggi i decisori politici e chi ha la responsabilità nell’ambito degli investimenti industriali e le decisioni in ambito pubblico, continua a ragionare con criteri di 20 30 anni fa. Non funzionano più. Inoltre, ogni cosa va analizzata su scala locale. Non ha senso trattare la città come la montagna o come la collina perché le soluzioni per una non sono buone per l’altra. Infine, nonostante gli obiettivi siano distanti occorre mettersi in cammino per raggiungerli e portare a casa la riduzione del 30 o 40% delle emissioni di Co2. Il resto arriverà strada facendo ma dobbiamo già muoverci adesso per guadagnare terreno altrimenti ci facciamo spaventare dall’obiettivo più distante”.