Pubblichiamo grazie a Marco Fratoddi, direttore di Sapereambiente, il contributo della nostra Rosy Battaglia, nella giornata dell’anniversario della nascita di Antonio Cederna che verrà celebrata anche con un evento online a cui parteciperanno, oltre Giulio Cederna, Fulco Pratesi, Gianfranco Amendola, Grazia Francescato, Roberto Della Seta, Francesco Erbani.
Perché questo è un compleanno importante per le comunità di Cittadini Reattivi da Taranto a Casale Monferrato, da Brescia alla Sicilia è facile intuirlo, anche dalla selezione di articoli messa in timeline da Elisa Rossi, grazie alla disponibilità dell’Archivio Antonio Cederna. Padre dell’ambientalismo italiano ma da sempre vicino ai cittadini e alle loro istanze, in ogni parte d’Italia come si può comprendere dalla storymap “I paesaggi di Antonio Cederna” che vi invitiamo a consultare.
Quanto spazio c’è nell’informazione odierna per l’ambiente e per accrescere la consapevolezza dei cittadini rispetto all’importanza della sua tutela? Quanti sono i giornalisti e i media in ascolto delle istanze drammatiche che arrivano tuttora da territori martoriati dall’inquinamento in Italia, da Brescia fino a Taranto? Quanti crimini ambientali, a partire dalla pandemia silenziosa causata dall’amianto, come ci ricordano le vicende del processo Eternit-Bis, sono a tutt’oggi rimasti impuniti? Nel 1980 Antonio Cederna descriveva accuratamente, sulle pagine del Corriere della Sera, come allora “la questione ambientale” sui giornali italiani fosse spesso rinchiusa in quelle fatidiche “trenta righe”. Limiti non solo dovuti all’architettura di un giornale cartaceo, che diventavano più ampi solo nel caso di qualche disastro come “Seveso, Agrigento, Gioia Tauro”, semmai all’incapacità del giornalismo italiano di voler assolvere al suo compito “oltre che informativo, formativo e preventivo”.
Le dinamiche denunciate ripetutamente da Antonio Cederna, intellettuale e attivista, ambientalista e giornalista civico ante litteram, non sono ahimè troppo cambiate ai tempi del web. E se certo fioriscono proprio in rete progetti editoriali attenti alla cultura della sostenibilità, (esattamente come Sapereambiente sta cercando di fare), l’ecologia non è (ancora) diventata mainstream, mentre abbonda, invece, il “greenwashing”.
In epoca di cambiamenti climatici e pandemia lo hanno compreso bene i giovani attivisti di Extinction Rebellion e Fridays for Future che hanno ripetutamente manifestato per richiamare l’attenzione di giornali e TV nazionali, arrivando a occupare anche le maggiori redazioni giornalistiche del paese.
Occorre parlare non solo di più ma meglio di crisi ambientale, sanitaria e climatica. Tutte figlie di una mancata cultura ecologica, dell’abuso dell’uomo sulla natura, ci ricordano. Esattamente come intere generazioni di cittadini, movimenti, circoli, mai dimenticati da Antonio Cederna. che per decenni hanno lottato contro la devastazione e il saccheggio delle risorse naturali, nelle città come nelle periferie. Non oso pensare come sarebbe l’Italia oggi se non fossero state varate norme urbanistiche, di tutela ambientale, istituiti parchi e aree protette proprio sulla spinta di quei movimenti ambientalisti locali e nazionali, visionari nel giusto. Oggi come allora c’è ancora tantissimo da fare per salvare l’ambiente e la salute di intere popolazioni e territori, al nord come al sud.
Il Bel Paese è oggetto di 25 infrazioni europee su questioni ambientali fondamentali. Dalla pessima qualità delle acque superficiali, all’incapacità di gestione dei reflui fognari. Alla sistematica violazione dei limiti di inquinamento dell’aria che respiriamo.
Senza dimenticare, ma ce lo ricorda Ispra, il consumo di suolo che corre 2 metri quadrati al secondo, mentre sempre l’Europa ci chiede “consumo zero” entro il 2050. Così come non possiamo dimenticare quel 3% della superficie italiana contaminato dagli scarichi indiscriminati di un passato industriale insostenibile. Decina di migliaia di siti inquinati, oltre i 60 siti di interesse nazionale e regionale le cui bonifiche vanno a rilento. Ritardi che stanno pagando in termini di cattiva qualità della vita e salute, le fasce più giovani e fragili della popolazione, bambini e adolescenti, come attesta il quinto rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, lo Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento (Sentieri).
Sono, questi, solo alcuni dei motivi sul perché sia necessario e indispensabile ricordare oggi l’intenso lavoro di Antonio Cederna, a 100 anni dalla sua nascita e a 25 anni dalla sua morte. Oltre 2.500 articoli e editoriali sono perfettamente consultabili grazie alla digitalizzazione e dalla mappatura del suo archivio, curata dal figlio Giulio in un’opera multimediale a mio avviso eccezionale, “I Paesaggi di Antonio Cederna”. Collocare inchieste, denunce, ma anche buone pratiche possibili, in una dimensione spazio-temporale come quella di una mappa, restituisce la complessità delle principali vicende ambientali italiane. Ma permette a ognuno di noi di ricostruire la storia del proprio territorio e dei movimenti che hanno lottato per la sua preservazione.Leggi ancheTi presento… Antonio Cederna
«Non si può conservare e difendere ciò che non si conosce: è questa ignoranza che favorisce la degradazione che ogni giorno lamentiamo del patrimonio storico, artistico e ambientale» scriveva Antonio Cederna sempre sul Corriere della Sera nel 1976. Ed è proprio contro questa ignoranza che non dobbiamo smettere di lottare. Ognuno di noi può farlo a suo modo, ed io sento particolarmente mie queste sue parole:
«Scrivo da sempre lo stesso articolo, finché le cose non cambieranno continuerò imperterrito a scrivere le stesse cose».
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