Riproponiamo l’intervista a Daniela Vellutino, intervenuta il 15 dicembre a Open Forum Disuguaglianze e Diversità, durante la giornata dedicata a “Potere delle persone. Monitoraggio civico e Open Government”.
Per l’occasione la professoressa Vellutino ha preso parte al dibattito intitolato: “Per un cambio di rotta: Open Government, condivisione delle scelte, orientamento ai risultati, miglioramento della realtà.”
Vi ricordiamo che Daniela Vellutino è professoressa associata all’Università degli Studi di Salerno, insegna “Comunicazione Pubblica e Linguaggi Istituzionali”. E’ l’ideatrice e curatrice del progetto di didattica sperimentale Diritto di accesso civico che ha l’obiettivo di sperimentare l’uso degli open data nelle differenti forme di scrittura per l’informazione istituzionale e la comunicazione pubblica, insieme all’Osservatorio per la Comunicazione e l’Informazione nella PA in Italia e in Europa (OCIPA). Progetto con la quale la nostra associazione dal 2015 collabora, anche in occasione degli Open Data Day.
E’ stata, in più occasioni, anche nostra ospite all’evento “Aspettando Civic Inn”, (a questo link potete rivedere i tre appuntamenti) dove ci ha parlato di accesso ai dati, trasparenza e rifiuti al tempo del Covid-19, illustrando anche il lavoro che ha portato avanti quest’anno con i suoi studenti.

Segue l’intervento di Daniela Vellutino a Open Forum DD:

Quali dati servono per un’amministrazione trasparente? Chi controlla chi dà i dati?

L’esempio del tema sulle terapie intensive è davanti agli occhi di tutti.
Partiamo da chi dovrebbe per la pubblica amministrazione produrre dati accessibili ai cittadini e ai dispositivi digitali. Questo è un lavoro di gestione dei dati, delle informazioni e dei documenti – più in generale dei contenuti – della PA. E’ da considerarsi un lavoro per professionisti.
E’ il lavoro del comunicatore pubblico, una figura professionale che da tempo opera nelle PA ma che deve sempre più collegarsi con le altre figure professionali più “nuove” della PA, vale a dire il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza e il Responsabile della Transizione al Digitale.
Dunque, è il comunicatore pubblico che deve presidiare il processo di gestione dei flussi documentali e comunicativi della PA. Un processo da ripensare e da progettare facendo lavorare insieme queste figure professionali che possono davvero innovare la PA.

Quali dati servono per un’amministrazione trasparente?

In questi 15 giorni di maratona del Forum delle Disuguaglianze e Diversità non sarò la prima – e neanche l’ultima – a dire che la trasparenza amministrativa in Italia è garantita da ben 3 norme che hanno dato ai cittadini il diritto di sapere.
Nei siti istituzionali c’è la sezione “Amministrazione Trasparente” che però è uno spazio virtuale per gli addetti ai lavori, vissuta dalle PA come un adempimento ad un obbligo normativo e non come uno spazio per rendere accessibili ai cittadini le informazioni prodotte per la trasparenza amministrativa e l’accountability pubblica.
I dati che servono per un’Amministrazione Trasparente devono essere organizzati in “dataset” strategici modellati sui bisogni informativi e di accountability dei cittadini. Devo dire che in questi anni molto è stato fatto dall’Agenzia per l’Italia Digitale che ha sviluppato un portale nazionale per i dati pubblici https://www.dati.gov.it/ realizzato con il grande lavoro di persone come Gabriele Ciasullo con il suo team e con l’eccezionale contributo di Giorgia Lodi.
Mi sarei aspettata di trovare in questo portale i dati sul COVID, sulle disponibilità dei letti di terapia intensiva degli ospedali, i dati sulla spesa delle mascherine e degli altri dispositivi di protezione individuale per coloro che per lo Stato operano per contrastare e per difenderci da questa malattia che ci tormenta. Invece, i dati sono stati comunicati spesso più in forme di comunicazione politico istituzionale – come ad esempio con le conferenze stampa – e illustrati attraverso infografiche dashbord non accessibili e non utili al loro riuso e alla loro comparazione.
I dati pubblici devono essere organizzati in dataset strategici in formati accessibili, dunque, tenendo conto delle licenze per il loro uso e riuso. Ma poi devono essere usati in primis dalle PA che producono questi dataset per fare comunicazione pubblica attraverso strumenti che possono essere facilmente “comprensibili”. Dunque, ben vengano le infografiche ma a monte ci deve essere il portale nazionale dei dati pubblici che li deve contenere nei modi che consentono il loro libero uso come bene comune da parte di studiosi, giornalisti e cittadini monitoranti che devono poter accedere a questi dati da qualsiasi dispositivo digitale.
Il/la professionista della comunicazione pubblica, quindi, deve essere in grado di creare i dataset e poi usarli in forme di comunicazione accessibili ai cittadini. Da qui il problema più vicino alla mia attività di linguista terminologa: quali testi usare per comunicare i dati pubblici e le informazioni istituzionali? Attraverso quali media? Ne abbiamo parlato ad un incontro pubblico con la Ministra per la Pubblica Amministrazione Dadone, organizzato dal gruppo di lavoro da lei istituito nell’ambito dell’azione del Piano Nazionale per l’Open Government.
In questi anni mi sono dedicata, come sai, a costruire la filiera dei dati pubblici sui rifiuti urbani dalla parte dei cittadini. Ho fatto chiedere ai Comuni dati, informazioni e documenti ai miei studenti dell’Università di Salerno che seguono il mio corso di Comunicazione pubblica e linguaggi istituzionali e che per questo partecipano al laboratorio didattico per la comunicazione pubblica “Diritto di Accesso civico”.
I miei studenti sono stati cittadini monitoranti, vale a dire coloro che dovrebbero controllare l’operato del proprio Comune perché sono cittadini contribuenti. Ho fatto chiedere ai loro Comuni i dati sui rifiuti avvalendosi del Diritto di Accesso Civico semplice, art. 5 e 40. “Quanto costa il servizio?” “Dove vanno a finire i nostri rifiuti”? “Quanto guadagna il mio Comune dalla loro vendita”? “Come smaltisce il mio Comune i rifiuti COVID”? Sono dati e informazioni che vorremmo fossero presenti nel testo dell’Avviso di Pagamento della tassa dei rifiuti, soprattutto a Napoli, la mia città.
Quest’anno, poi, questi dati i Comuni li avrebbero dovuti dare non solo ai miei studenti ma anche all’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA). E invece, non tutti i Comuni monitorati hanno risposto alla richiesta di accesso civico.
È dal 2013 che annualmente i miei studenti chiedono questi dati. Sono anni che i Comuni hanno difficoltà a rilasciare questi dati sebbene arrivino richieste annualmente. I dati sui rifiuti urbani li troviamo in altre fonti istituzionali e spesso li ha resi disponibili un’azienda che gestisce molte bollette dei rifiuti, MicroAmbiente, che da tempo collabora con Legambiente per il Premio nazionale “Comuni Ricicloni”.
Ogni anno con gli studenti celebriamo l’Open Data Day, lo scorso anno ti abbiamo avuto nostro ospite per presentare la vostra bellissima inchiesta “Bloody Money” sui traffici illeciti di rifiuti.
Spesso interviene la giornalista Rosy Battaglia, presidente di Cittadini Reattivi, che con le sue inchieste sui rifiuti è sempre d’ispirazione per il lavoro dei miei studenti.
Celebriamo l’Open Data Day dando ai Comuni monitorati dagli studenti i dataset con i dati sulla gestione dei rifiuti urbani che non hanno dato nonostante l’istanza di diritto di accesso civico. Poi, mettiamo a disposizione dei Comuni i prodotti di comunicazione pubblica creati dagli studenti a partire dai dati trovati: infografiche, post e una timeline con i documenti per la trasparenza amministrativa del servizio di gestione dei rifiuti: capitolati di appalto, piano dei rifiuti e via dicendo.
Eppure, sono pochi i Comuni che prendono questo lavoro “gratuito” e lo fanno diventare “bene comune” usandolo nei loro siti istituzionali per migliorare la comunicazione pubblica dei rifiuti.
Sono tre anni che redigiamo un Rapporto sul monitoraggio civico sulla gestione dei rifiuti urbani “Chi ha dato ha dato!”.

Per concludere, quali dati servono per la trasparenza amministrativa? E quali sono i controllori?
I dati che servono ai cittadini per controllare l’operato della PA (art. 97 della Costituzione).
Invece, chi controlla i dati?
Se le PA danno i dati come prescritto dalle linee guida per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, redatte da AGID, giornalisti, studiosi, comunicatori pubblici e cittadini monitoranti che hanno le competenze, possono farlo. Se poi ci sono comunicatori pubblici questi dati possono essere accessibili in diverse forme di comunicazione pubblica per fare in modo che tutti i cittadini possano essere in vario modo “monitoranti” responsabilmente consapevoli e cooperanti e possano, così, essere i controllori delle PA. Ma perché questo processo s’inneschi c’è bisogno della scintilla della comunicazione pubblica. Se mi seguite domani nel live con la Ministra Dadone potrete sapere anche dei rischi dell’uso dei social nella comunicazione pubblica.

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