Riceviamo e pubblichiamo per intero la lettera inviata alla stampa, sottoscritta da un folto gruppo di medici di medicina generale delle province di Brescia, Milano e Brianza. Una testimonianza significativa da chi è rimasto in prima linea, abbandonato e che ha riflettuto su quali sono le mancanze di un sistema sanitario, come quello lombardo, travolto dall’epidemia da COVID-19. Facendo delle proposte concrete. Nel testo abbiamo inserito alcune delle fonte citate e delle inchieste uscite su Valori.it.

I primi a proporre il tema del “territorio abbandonato” sono stati colleghi di Codogno, che si sono trovati per 2 settimane soli nel pieno della tempesta virale, pagandone il prezzo in termini di vite perdute. E’ seguito il documento dei Presidenti provinciali degli ordini dei Medici, quello dell’Ordine bresciano e quello degli ex direttori dei dipartimenti di Prevenzione, tutti concordi circa “il mancato governo del territorio”, opinione condivisa da altri osservatori, che hanno sottolineato il deficit di coordinamento della rete territoriale. Passata la fase più acuta dell’emergenza è tempo della riflessione e del dibattito, evitando di scadere nella polemica contingente per un’emergenza che ha trovato tutti impreparati.  

Le scelte regionali

Nel quadro generale spicca però la per specificità del caso Lombardia dove l’epidemia ha raggiunto i più elevati livelli di intensità e mortalità. La politica sanitaria lombarda degli ultimi 20 anni a differenza di altre regioni, anche governate dalla stessa maggioranza politica come il Veneto, ha aderito alle teorie del quasi mercato sanitario, imperniate su alcuni principi cardine: concorrenza tra enti accreditati regolata dalla regione, separazione tra erogatori ed ATS acquirente e controllore, empowerment e libera scelta del cittadino, pagamento a prestazione, parità tra pubblico-privato ed incentivazione della competizione tra erogatori per acquisire “fette di mercato”.

Se con i DRG ospedalieri il quasi mercato ha dimostrato di migliorare l’efficienza del sistema, pur con rischi distorsivi per comportamenti opportunistici dal lato dell’offerta, non si può dire la stessa cosa sul versante delle cure primarie. Il tentativo di riproporre le logiche concorrenziali sul territorio, ad esempio mettendo in antagonismo cure primarie ed ospedaliere per la presa in carico della cronicità, ha mostrato i limiti del quasi mercato e di una gestione nosocomio-centrica del SSR. Infatti la proposta di spostare i cronici dal territorio all’ospedale è stata ricusata dai diretti interessati, dai medici ospedalieri e dalle stesse strutture accreditate private, che hanno snobbato la riforma.

La “filosofia” del quasi mercato ha ispirato le policies regionali, come dimostrano alcune scelte sintomatiche del disinteresse per le cure primarie:

  • la scarsa attenzione per le forme organizzazione ed associative previste dalla legge Balduzzi, specie le AFT;
  • l’abbandono del territorio con la chiusura dei presidi distrettuali periferici e incertezza nell’attribuzione dei compiti tra ATS e ASST;
  • la mancata dematerializzazione delle prescrizioni, rinviata per anni rispetto alle altre regioni, ed attuata solo dopo l’ordinanza della protezione civile per evitare l’affollamento delle sale d’attesa;
  • l’esclusione del MMG dalla delibera regionale sulle cure palliative;
  • la delega alle ASST, estranee alle logiche dal territorio, del coordinamento delle cure primarie e la proposta del Clinical manager alternativo al MMG nella presa in carico dei cronici;
  • investimenti tardivi e insufficienti nei Presidi Socio Sanitari Territoriali, mentre da anni in altre regioni si sono diffuse Case della salute e strutture analoghe.

Cosa si poteva fare

La vicenda delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) previste dalla legge Balduzzi e inattuate è emblematica: secondo la riforma del 2012 le AFT dovevano promuovere e rafforzare la coesione della comunità di pratica dei professionisti del territorio, in quanto forma organizzativa per condividere “in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida, audit e strumenti analoghi”. Le AFT infatti prevedevano l’integrazione funzionale tra MMG e MCA della stessa zona, al fine di migliorare l’efficienza dei servizi, favorire conoscenza reciproca, coordinamento delle iniziative, continuità assistenziale, valutazione della qualità, Formazione sul Campo etc…

Proprio le AFT potevano diventare il braccio organizzativo dell’intervento emergenziale sul territorio, nella pandemia da Covid-19, coinvolgendo i professionisti del territorio per l’assistenza domiciliare ai pazienti Covid con le dovute misure di prevenzione del contagio. Invece MMG e MCA hanno affrontato il virus isolatamente, senza un valido coordinamento, chiare direttive, adeguate protezioni e sostanzialmente a mani nude, pagando un prezzo altissimo in termini di vite umane. Una radicata rete di AFT avrebbe potuto mobilitarsi in tempi rapidi per rispondere all’emergenza Covid-19, con modalità organizzative più pronte e appropriate rispetto alle tardive USCA.

L’analisi delle politiche regionali

L’epidemia di COVID-19, al di là della drammatica sproporzione tra un picco di domanda su tutti i fronti e le oggettive difficolta per farvi fronte, ha fatto venire al pettine i nodi problematici delle policies regionali sbilanciate sull’ospedale e carenti sul territorio; i colleghi di Codogno hanno vissuto per primi la situazione di abbandono delle cure primarie lasciate a sè stesse in quanto:

  • si è cercato di spostare la cronicità dalle cure primarie agli ospedali, quando da almeno 20 anni la tendenza è quella di trasformarli in strutture ad alta tecnologia per gestire le situazioni acute;
  • gli ex presidi distrettuali sono diventati meri punti burocratici ed amministrativi senza funzioni di coordinamento del network sociosanitario;
  • non si è investito nell’innovazione tecnologica e nella semplificazione delle procedure, già in atto da anni in altre regioni, che avrebbe consentito di spostare risorse sulla gestione della cronicità;
  • si è puntato sul principio della libera scelta del “cliente” e sulla concorrenza al ribasso tra medici usa-e-getta, se non accondiscendenti alle richieste dei “clienti”, più che sulla cooperazione professionale;
  • si è creduto di poter governare la rete territoriale con lo strumento della domanda-offerta e con la competizione tra “erogatori”, senza governance del network territoriale;
  • di conseguenza le ATS sono state relegate al ruolo di mero controllore burocratico-finanziario delle prestazioni, in ossequio ai dogmi del New Public Management.

Gli effetti pratici

Così un sistema già di per sè sovraccaricato e costretto a mobilitare tutte le risorse disponibili per mantenere l’equilibrio nella routine quotidiana ha dovuto far fronte con grandi difficoltà ad una sfida emergenziale, con il rischio di scompensarsi per l’impossibilità di mobilitare ulteriori risorse al fine di ristabilire il compenso perturbato. 

I MMG sono rimasti soli perchè tra loro e l’ospedale è mancata una struttura intermedia di collegamento per coordinare e gestire l’emergenza sul territorio; una buona organizzazione a rete dovrebbe supportare i servizi in difficoltà per favorire l’adattamento alle situazioni emergenziali. Oltre alla carenza di strutture fisiche per l’integrazione territoriale è mancata un’efficace governance per la separazione funzionale tra ATS, a cui è demandata la gestione amministrativa della MG, e Aziende Socio-Sanitarie Territoriali (ASST), praticamente assenti sul territorio.

Nella riforma del 2015 era prevista la creazione dei Presidi Socio Sanitari Territoriali (PRESST), cioè l’equivalente delle case della salute, ma anche questi sono rimasti sulla carta, tranne casi sporadici. Il coordinamento tra AFT, USCA e PRESST avrebbe potuto fronteggiare con maggiore efficacia la pandemia, venendo in aiuto alle strutture ospedaliere, ed anche gestire in modo appropriato la fase 2.

Questa drammatica esperienza ha posto in primo piano l’esigenza ridiscutere le politiche sanitarie regionali rivolte al territorio, superando il concetto di quasi mercato a partire dalla Presa in Carico della cronicità, ormai di fatto inattuabile. L’ipotesi di affidare la gestione della sanità alla concorrenza a somma zero tra erogatori in competizione, a scapito della cooperazione, ha mostrato i suoi limiti e di riflesso ha rafforzano la necessità di tornare ad un’articolazione distrettuale che supporti la continuità dell’assistenza e l’integrazione per fronteggiare le situazioni emergenziali, al pari della cronicità. 

La gestione delle cure primarie non richiede competizione tra comparti del SSN ma coordinamento tra i diversi livelli sistemici ed attori professionali. Lo choc della pandemia può essere l’occasione per riscostruire la comunità di pratica dei medici del territorio e per un cambiamento organizzativo dal basso, che faccia leva sulle potenziali risorse delle cure primarie.

Maggio 2020

Hanno sottoscritto la lettera 

  • Dr.ssa Paola Astori, ATS di Brescia
  • Dr.ssa Marialuisa Badessi, MMG, ATS Brescia
  • Dr. Giuseppe Belleri, MMG, ATS di Brescia   
  • DR- Germano Bettoncelli, MMG, ATS di Brescia          
  • Dr. Luigi Bonvini, MMG, ATS Brescia
  • Dr.ssa Marina Bosisio, MMG, ATS Brianza
  • Dr.ssa Annamaria Bottanelli, MMG, ATS Brescia
  • Dr. Roberto Cocconcelli, MMG, ATS Brescia
  • Dr.ssa Barbara Filisetti, MMG, ATS Brescia
  • Dr.ssa Bianca Fossati, MMG, ATS Brianza
  • Dr.ssa Adriana Loglio, MMG in pensione, ATS Brescia
  • Dr. Andrea Mangiagalli, MMG, ATS Milano
  • Dr. G.Franco Michelini, MMG in pensione, ATS di Brescia
  • Dr.ssa Giovanna Minissale, MMG, ATS Brescia
  • Dr.ssa Simonetta Pagliani, MMG in pensione, ATS Milano
  • Dr. Ruggero Pansera, MMG, ATS Brescia
  • Dr.ssa Anna Pascarella, ATS Brescia
  • Dr. Giovanni Piazza, MMG in pensione, ATS Brescia
  • Dr.ssa Mara Rozzi, MMG, ATS Brescia
  • Dr.ssa Francesca Samoni, , MMG, ATS Brescia
  • Dr. Flavio Sinchetto, MMG, ATS Milano
  • Dr. G.Paolo Smillovich, MMG, ATS Brescia 
  • Dr. Mauro Somaschi, MMG, ATS Brianza
  • Dr.ssa Caterina Taglietti, MMG, ATS Brescia
  • Dr. Luca M. Vezzoni, MMG, ATS Milano


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