Oltre 370mila edifici e luoghi ancora contaminati dall’amianto in tutta Italia. A 26 anni dalla legge 257/1992 che ha bandito dal nostro paese, la fibra killer che può causare tumori irreversibili come il mesotelioma, non obbligando però la bonifica, tantissimo resta da fare. Un aggiornamento sui numeri di quello che, senza allarmismi può restare un dramma per le nuove generazioni è stato redatto da Legambiente, con un rapporto significativo dal titolo “Liberi dall’amianto?”
Lunga è ancora la strada per liberare il nostro Paese dalla fibra killer. E nella lentezza delle istituzioni, a partire da comuni e regioni, molto si deve alla società civile e a chi non ha smesso di lottare per giustizia, bonifiche, ricerca.
Così come le inchieste giornalistiche e le richieste di accesso alle informazioni alla Pubblica Amministrazione di questi anni, partite da Cittadini Reattivi, hanno dato un contributo al bisogno di trasparenza e portato alla luce i conflitti di interesse, le speculazioni, le opacità delle amministrazioni.
Tante sono le iniziative civili in atto: dalla campagna Tutti Uniti contro l’amianto promossa dall’Associazione Italiana Esposti Amianto, Coordinamento Nazionale Amianto (CNA), Medicina Democratica, alla petizione #BastaAmianto promossa dall’ecologista Annalisa Corrado che ha già raccolto oltre 43mila firme per riprestinare gli incentivi per chi bonifica i tetti e passa al fotovoltaico. Così come già nel 2016 erano state già consegnate allora premier Renzi oltre 70mile firme con la petizione #AddioAmianto per chiedere 5 misure di trasparenza, così come il monitoraggio sulle mappature regionali dello Sportello Amianto Nazionale che ha sollecitato le PA attraverso le richieste di accesso generalizzato. Così come non bisogna dimenticare il tour della città ad amianto zero, promosso da Arpa Piemonte e ANCI.
Intanto chi ha inquinato, non ha pagato. E la giustizia, ad oggi, continua a non arrivare dai tribunali, dal processo Eternit Bis in corso, alle recenti assoluzioni per il processo Olivetti. Processi che dovrebbero risarcire gli eredi e i familiari delle persone esposte e già decedute.
Ma c’è una domanda che ci ha colpito in questi giorni, mentre giriamo l’Italia per presentare il nostro primo documentario-inchiesta Ed è arrivata dagli studenti, futuri geometri, coloro che dovranno progettare e organizzare i cantieri per le bonifiche in edilizia: “Come facciamo a riconoscere l’amianto, come facciamo a denunciare e sollecitare una bonifica?”
Domande che ci hanno fatto comprendere come abbia senso questo lavoro enorme di sensibilizzazione, svolto dal basso. E di quanto ci sia ancora da fare.
Per questo, ancora una volta, alla luce di tutto questo, è esemplare l’esempio della città di Casale Monferrato, che con la lotta civica e civile di un’intera comunità, ha aggirato l’ingiustizia, sollecitando le bonifiche e gli stanziamenti dello Stato centrale, spendendoli in modo trasparente e lontano dall’inquinamento delle ecomafie. Dove, come raccontiamo ne “La rivincita di Casale Monferrato” già a partire dalle nuove generazioni, dall’asilo alle superiori, si conosce il nemico, la fibra killer che ha fatto vittime in ogni famiglia, e lo si combatte.
Una città che ha scelto di non dimenticare. E che ha ideato il Premio Vivaio Eternot, riconoscimento va a coloro che si sono distinti per l’impegno profuso nella cura, la ricerca, la diffusione dell’informazione, in importanti e significative azioni di bonifica, nelle battaglie sociali e legali legate ai danni causati dall’amianto.
Anche per questo è un grande motivo di orgoglio presentare, sabato 28 aprile alle 9.30 al Teatro Municipale di Casale Monferrato alla cittadinanza “La rivincita di Casale Monferrato”.