La lotta contro l’amianto è una lotta che unisce lavoratori, loro famigliari e cittadini non solo italiani, ma di tutto il mondo. In ogni paese le comunità e i lavoratori hanno le proprie storie di mobilitazione con esiti differenti. Queste storie sono però unite da sofferenze, da difficoltà e da pratiche di lotta simili. Da questa consapevolezza nasce il convegno organizzato da AFeVA Emilia Romagna “Lotte e amianto: sofferenza, coinvolgimento, impegno – Uno sguardo transnazionale”. L’incontro si è tenuto l’8 giugno a Bologna con il Patrocinio dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna e si deve a un’idea di Agata Mazzeo, giovane antropologa all’Università di Bologna e all’Università di San Paolo del Brasile. L’evento ha visto la partecipazione di attivisti italiani e stranieri, di sindacalisti, di esponenti delle istituzioni e scienziati. Nel corso dell’evento sono stati presentati anche i progetti realizzati dagli studenti di due scuole di Bologna. Si tratta del catalogo dei lavori sul tema dell’amianto degli studenti Liceo Artistico “Arcangeli” ISART e del docufilm “Se solo i petali volassero” realizzato dagli alunni del Liceo Laura Bassi di Bologna.
La discussione si è soffermata sulla valutazione delle esperienze di lotta contro l’amianto in Italia, mettendole a confronto con quelle internazionali e del Brasile in particolare. Sono stati toccati gli aspetti sociologici, legali, lavorativi e scientifici, con l’intento di avere uno sguardo generale sulla questione. Si tratta infatti di fenomeni che hanno coinvolto singole comunità e territori di molte nazioni, che si sono ripetuti più e più volte nel recente passato e che possono insegnarci molto. Vanno perciò studiati con attenzione con uno sguardo non solo retrospettivo, ma volto anche al presente e al futuro. Sono queste le linee guida che hanno condotto la discussione attraverso l’introduzione di Andrea Caselli, Presidente AFeVA Emilia Romagna, la relazione di Agata Mazzeo sulle sue esperienze di ricerca sui movimenti anti amianto tra Italia e Brasile e le testimonianze di Franco Di Giangirolamo (dirigente CGIL BO), Emanuele Cavallaro (Sindaco di Rubiera (RE)), Fernanda Giannasi (ABREA, Ass. Brasiliana Esposti Amianto), Laurie Kazan Allen (coordinatrice dell’International Ban Asbestos Secretariat), Umberto Terracini (epidemiologo dell’Università di Torino), Fiorella Belpoggi (responsabile Area Ricerca, Istituto Ramazzini, Bologna) e Alberto Prunetti (Scrittore).
In Italia la produzione e l’uso di amianto sono stati proibiti nell’ormai lontano 1992 dopo una dura e lunga mobilitazione di sindacati, lavoratori e loro familiari. Una battaglia senza esclusione di colpi che si è combattuta nelle aule di tribunale, nei luoghi di lavoro, nelle vertenze sindacali, nelle piazze, negli enti legislativi, nelle istituzioni, nei servizi sanitari e nei laboratori, a colpi di ricerche e di studi epidemiologici. La legge sull’amianto però non ha posto fine alla lotta delle comunità per avere giustizia e per il diritto alla salute. L’evento organizzato da AFeVA ha avuto come obiettivo il soffermarsi su questi fenomeni e tracciare un quadro della situazione attuale. A distanza di tanti anni i processi sui danni dell’asbesto vanno ancora avanti tra grandi difficoltà e in molti casi si concludono senza riuscire a dimostrare la colpevolezza degli imputati. La bonifica, poi, avanza a rilento, non esiste neanche una mappatura nazionale completa delle zone contaminate – Non a caso Cittadini Reattivi ne ha fatto una propria battaglia, raccogliendo non solo i dati frammentari messi a disposizione dalle istituzioni, ma anche le segnalazioni dei cittadini e dando loro la possibilità di far sentire le proprie istanze e i propri bisogni – La mobilitazione delle comunità quindi continua con nuove forme di protagonismo in prima persona e di partecipazione, tra cui quella della produzione di conoscenza da parte dei cittadini stessi, la cosiddetta citizen science, o attraverso nuove forme di informazione come il giornalismo partecipato (di cui Cittadini Reattivi è un esempio). È stato sottolineato durante il convegno che oggi le realtà lavorative a seguito della precarizzazione sono più frammentate e isolate e sindacati sono indeboliti. Occorre quindi avere uno sguardo più generale possibile sul problema studiando il passato e altre realtà. La strada della lotta passa poi attraverso lo sviluppo di nuove reti di informazione, comunicazione e discussione in modo da creare un nuovo “senso” sociale sul terreno della dignità e della salute.
Se da un lato le lotte dell’amianto hanno creato sinergie tra i vari corpi della società, tra lavoratori, sindacati, cittadini e scienziati, spesso però le lotte sull’amianto, ristrette alle singole realtà industriali e territoriali, sono state frammentate. Avere un orizzonte non solo nazionale, ma anche internazionale aiuta ad avere uno sguardo più ampio sulle lotte e prospettive più generali. L’amianto dopotutto è stato proibito solo in 59 paesi e fa circa 107.000 vittime all’anno producendo disastri silenti a cui bisogna dare voce. A questo si è dedicata Agata Mazzeo che ha portato la testimonianza delle sue esperienze di ricerca nelle città dell’amianto tra Italia e Brasile. Proprio da queste esperienze e dalla consapevolezza di ciò che unisce le lotte all’amianto in tutto il mondo è nata l’idea dell’evento. Gli studi universitari, infatti, hanno condotto la ricercatrice a Bari dove lo stabilimento della Fibronit ha prodotto amianto per circa 80 anni. Lì ha potuto approfondire il lungo percorso di mobilitazione dei lavoratori e dei loro familiari, le pratiche che hanno messo in campo, le loro parole d’ordine, il loro modo di vivere il proprio dramma e il loro modo di reagire. Una ricerca analoga l’ha portata poi a Casale Monferrato dove, come a Bari, lo stabilimento Eternit aveva sparso amianto nell’aria e nei terreni per oltre 80 anni. Infine il dottorato l’ha condotta in Brasile dove è entrata in contatto con la realtà di Osasco, nello stato di San Paolo, dove la stessa Eternit aveva il suo stabilimento più grande in America latina. Lì migliaia di lavoratori e cittadini hanno dovuto subire, a partire dall’anno di apertura nel 1941, le stesse sofferenze viste in tanti altri luoghi d’Italia e del mondo. Lì come altrove si sono organizzati, hanno lottato e lottano tutt’ora per avere giustizia, in una situazione ancora arretrata dal punto di vista legislativo. La battaglia contro l’amianto quindi è una battaglia che si è ripetuta più volte in molti contesti differenti, con esiti diversi, ma con molti tratti in comune che vedono la voglia di essere protagonista del proprio destino in chi deve affrontare.
La discussione poi è proseguita attraverso le testimonianze della situazione in Brasile portate da Fernanda-Giannasi. Come accennato la situazione legislativa riguardo all’amianto è ancora arretrata e molto frammentata. Nel paese l’amianto non è stato ancora proibito, ma ben 10 stati lo hanno messo al bando e 45 città ne hanno proibito l’uso. Malgrado ciò il Brasile è ancora il terzo produttore mondiale di asbesto il quarto nell’utilizzo. Nel paese vi è stata quest’anno una sentenza contro l’utilizzo dell’amianto che ha condannato l’Eternit al pagamento di 30 milioni di Real (circa 8 milioni di euro) e sono tuttora in corso diverse class action, portate avanti con il contributo di ABREA.
Vi sono stati poi i contributi di Laurie Kazan Allen, che ha parlato del contesto internazionale della lotta all’amianto, e di Umberto Terracini che si è soffermato sui nuovi approcci alle ricerche di epidemiologia ambientale. È emersa sempre più negli ultimi anni una necessità e volontà di partecipazione diretta delle vittime dell’inquinamento alla produzione di conoscenza e ciò ha portato a un cambio di paradigma: la ricerca non viene più fatta sulle vittime, ma con le vittime. È stata sottolineata inoltre la necessità di una ricerca medica riguardo ai rischi per la salute pubblica che sia imparziale. Essa però non deve essere neutrale: l’incertezza scientifica dei risultati va infatti affrontata in modo favorevole alla sicurezza della popolazione. Fiorella Belpoggi ha, invece, portato la testimonianza dell’opera dell’Istituto Ramazzini di Bologna nella cura e nella prevenzione dei tumori legati all’amianto.
Affinché le informazioni e i temi trattati durante la conferenza abbiano un impatto pratico nella società è necessario però che vengano comunicati per farli diventare patrimonio sociale. Questo processo passa sicuramente per le nuove forme di informazione e di fare rete messe a disposizione da internet. La narrativa però continua a mantenere un ruolo fondamentale e da rilanciare, in quanto capace di testimoniare e mantenere la memoria delle esperienze vissute da chi ha lottato per la giustizia e per la salute. Una narrativa di cui la classe lavoratrice si deve riappropriare per raccontare i propri drammi, le proprie lotte, il proprio punto di vista. Questo il messaggio di Alberto Prunetti su cui si è chiusa la conferenza.