Strutture della Liquichimica
Strutture della Liquichimica

La zona industriale di Tito, in Basilicata, a pochi chilometri da Potenza, è una delle aree più inquinate di Italia tanto che nel 2002 è stata dichiarata Sito di Interesse Nazionale da bonificare (SIN). La zona interessata si estende per 59.000 metri e si trova nelle vicinanze dell’abitato di Tito Scalo in un area dove sorgono diverse attività produttive e commerciali. Dal quel 2002 poco o nulla è stato fatto e anzi nel 2013 è stato concesso a una ditta, l’Ageco, il deposito in loco di rifiuti pericolosi, provvedimento, questo che lo scorso anno è stato oggetto di un’interrogazione parlamentare. Nel gennaio di quest’anno si potrebbe essere finalmente arrivati alla svolta decisiva, con la concessione dell’appalto per la bonifica alla Ditta Consorzio Cooperative Costruzioni CCC di Bologna. Il colosso delle cooerative, tuttavia, oltre ad aver partecipato alla costruzione del ponte Scorciavacche, crollato nel capodanno 2015 pochi giorni dopo l’inaugurazione, negli ultimi anni è stato coinvolto in numerose inchieste.

Abbiamo chiesto un commento sullo stato della zona industriale di Tito a chi nel 2001 partecipò alle indagini che fecero dichiarare la zona SIN e tutt’oggi continua a seguire la questione, il Tenente della Polizia provinciale Giuseppe Di Bello, collaboratore della Commissione ecomafie.

“L’area SIN di Tito” – spiega Di Bello “è una zona fortemente inquinata.  Al suo interno c’è il sito dell’ex Liquichimica dove ci sono vasche di fosfogessi, residuo della produzione di fertilizzanti, che sono radioattivi ed emettono neutroni. Ci sono i fanghi industriali venuti da fuori regione. Sono il frutto di uno smaltimento illecito di rifiuti e sono contenuti in sacche di PVC che dopo tutti questi anni sono ormai rotte causando un rilevante danno ambientale. Ci sono poi i rifiuti della Daramic che faceva batterie: parliamo di alogenuri e idrocarburi e altre sostanze altamente inquinanti e cancerogene. Ci sono poi il deposito degli scarti della Ferriera e diverse tonnellate d’amianto”.

Come è potuto succedere che la situazione degenerasse fino a questo punto? È stato fatto qualcosa per risolvere il problema?

Una volta non si faceva molta attenzione all’ambiente. Il problema è emerso dopo che la Liquichimica ha chiuso, nel 1984, e il sito è stato preso in gestione dal Consorzio Industriale. Da allora è diventato una discarica di rifiuti pericolosi, senza alcuna sorveglianza. È stato in questo periodo che sono arrivati i fanghi industriali. Dopo il 2002, quando è stato dichiarato SIN si sono sprecati ben 5 milioni di euro in consulenze e sono state bonificate solo le vasche di ammoniaca e un po’ di amianto.

Ritiene che sia stata fatta una corretta informazione sul problema?

Assolutamente no! È stato posto il divieto di utilizzo dell’acqua di falda, ma a parte questo, la popolazione è stata tenuta all’oscuro di quanto stava accadendo. I giornali e la TV non ne parlano e se provi a denunciare la situazione vieni accusato di allarmismo. Io appena ho lanciato l’allarme sui fosfogessi sono stato trasferito a Muro Lucano. La politica fa di tutto per coprire il problema, probabilmente per gli interessi in gioco.

Ci sono dati relativi all’incidenza di malattie legate all’inquinamento?

Dati praticamente non ce ne sono. Il registro dei tumori è incompleto e fermo al 2006. Sappiamo che molta gente si ammala di tumore, ma ne sappiamo troppo poco. Le analisi dell’acqua potabile di Tito che abbiamo fatto come associazioni Punto 0 e Salviamo la Basilicata hanno rivelato la presenza di numerose sostanze nocive tra cui idrocarburi policiclici aromatici, clorurati, alogenati, metalli pesanti, ma gli enti pubblici continuano a minimizzare. La vicenda dell’Ageco, d’altra parte, rivela aspetti inquietanti nella gestione dell’area.

L’azienda ha ottenuto un appalto per il trattamento di rifiuti con regolare gara pubblica. Dov’è il problema?

Il problema è che c’è già una zona altamente inquinata e la regione che fa? Con una pioggia di soldi pubblici concede a un’azienda chiacchierata, il trattamento di rifiuti proprio in piena area SIN e stiamo parlando anche di stoccaggio di rifiuti pericolosi. Il suo ex amministratore Giovanni Agoglia è attualmente sotto processo per associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, ai falsi e alle truffe. Ora la società è passata in mano alla moglie, e la Regione ha concesso l’appalto come se niente fosse. Con diverse associazioni abbiamo fatto presente la questione, ma siamo sempre rimasti del tutto inascoltati.

La recente concessione dell’appalto per la bonifica alla Ditta Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna come cambia le cose?

Nel corso degli anni in Basilicata abbiamo assistito a dei disastri anche da parte di società che avrebbero dovuto ripristinare lo stato ambientale di luoghi inquinati, quindi in questo momento non do ancora una valutazione. Aspetto di vedere in azione il consorzio che ha vinto l’appalto per capire l’effettiva qualità delle operazioni. La bonifica è una cosa che va fatta a regola d’arte altrimenti il rischio di contaminazioni aumenta, non diminuisce. Sono convinto di questo: per quanto si abbia a che fare con una società specializzata, non è possibile che possa operare senza un controllo delle associazioni ambientaliste e dei cittadini.

Testo e foto di Vincenzo Senzatela per Cittadini Reattivi

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