Grazie ad ARPAT per aver pubblicato sul proprio sito la tesi del Master APC di Federica Mazzei, socia di Cittadini Reattivi APS.
Riportiamo il testo scritto da Federica per introdurre la sua tesi dal titolo Pubblica amministrazione: una “casa di vetro” opaca – Teoria e pratica della trasparenza amministrativa attraverso il caso studio dei siti contaminati.
Quanto è trasparente la nostra amministrazione? Questo è stato l’interrogativo che ha guidato la mia ricerca dal titolo “Pubblica Amministrazione: una “casa di vetro” opaca – Teoria e pratica della trasparenza amministrativa attraverso il caso studio dei siti contaminati”, presentata come lavoro di tesi per il Master in Analisi, Prevenzione e Contrasto della criminalità organizzata e della corruzione dell’Università di Pisa nel giugno 2016.
Al panorama legislativo in materia di trasparenza, che in Italia ha visto la sua nascita in un periodo relativamente recente rispetto ad altri paesi europei (la nostra prima legge è datata 1990 mentre quella svedese 1766), si è affiancata la posizione della società civile che ha avuto un ruolo determinante nella battaglia per ottenere un libero accesso a tutte le informazioni attraverso lo strumento del Freedom of Information Act (Foia).
La tesi è stato anche il pretesto per testare la reattività delle Pubbliche Amministrazioni nel rispondere ad una richiesta di accesso civico ai sensi del D.Lgs. 33/2013 e, trattandosi di dati ambientali, anche del D.Lgs. 195/2005 in quanto all’articolo 3 si legge “l’autorità pubblica rende disponibile […] l’informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”.
Il lavoro è nato grazie alla collaborazione con Rosy Battaglia, civic journalist e presidente dell’associazione Cittadini Reattivi, dove ho svolto un tirocinio nell’ambito del Master.
L’analisi è stata condotta su un campione di quaranta amministrazioni tra cui figurano Regioni, Province autonome e Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente, chiedendo a ciascuna di esse che venisse pubblicato, dove mancante, l’elenco dei siti contaminati, potenzialmente contaminati e bonificati, in formato aperto e la contestuale trasmissione di quanto richiesto ovvero la comunicazione dell’avvenuta pubblicazione, indicando il collegamento ipertestuale ai dati oggetto dell’istanza.
Il risultato lampante della ricerca ha evidenziato che non tutte le PA sentono il dovere di rispondere nonostante la richiesta fosse avanzata pubblicamente attraverso il portale “Chiedi” dell’Associazione Diritto di Sapere. Ma non solo. Spesso i dati forniti non sono aggiornati o risultano parziali per mancanza ad esempio di indicazioni sui siti potenzialmente contaminati.
Il tema della trasparenza sulle bonifiche è fondamentale soprattutto alla luce della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti del 2012 presieduta dal deputato Gaetano Pecorella dove si legge che “quello delle bonifiche è un business appetibile anche da parte delle organizzazioni criminali di stampo mafioso che […] riescono ad infiltrarsi sapientemente nelle procedure amministrative, avendo piena contezza di quelli che sono gli affari più importanti e potendo contare sulla connivenza e/o complicità di soggetti che operano all’interno della Pubblica Amministrazione.”
Oggi è più che mai fondamentale una presa di coscienza da parte di tutte le comunità che vivono i territori nella difesa di quello che è un bene comune: l’ambiente. Come peraltro già accaduto a Brescia e Casale Monferrato, entrambe storie di resilienza dal basso e che Cittadini Reattivi ha scelto di raccontare attraverso un crowdfunding a cui è ancora possibile contribuire.
La tutela dei territori comincia da ognuno di noi svolgendo quella funzione di “cane da guardia” delle istituzioni in modo tale da incoraggiarle a percepire la trasparenza non come un obbligo burocratico ma come un antidoto al malaffare.
3 commenti