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Casale Monferrato sarà amianto-free entro il 2020. Ma in Italia restano almeno 2mila scuole e 300mila edifici contaminati e il numero delle oltre 21mila vittime è destinato a salire

Firma la petizione per chiedere trasparenza sull’amianto in Italia

Entro il 2020 Casale Monferrato sarà libera dall’amianto”. Questa la promessa della sindaca Titti Palazzetti, nella città che ha pagato, con oltre tremila vittime, il prezzo più caro a eternit. Un modello di speranza, nel bel paese contaminato da 300mila siti e con 3mila vittime ogni anno, epidemia record tra le 15mila in Europa e le 100mila nel mondo. Così la Regione Piemonte si impegna, con il nuovo piano, a bonificare entro il 2025 gli oltre 100mila siti contaminati. Nelle giornate di studi per i sindaci liberi dall’amianto, in corso nella città piemontese, insieme alle iniziative di Afeva, verrà presentato anche un documento, coordinato dall’Anci, davanti ai rappresentanti del ministero dell’Ambiente, delle commissioni di inchiesta parlamentari sugli ecomafie e sugli infortuni sul lavoro. Così Casale Monferrato continua a marcare stretto il governo Renzi a beneficio di tutte le comunità contaminate d’Italia.

Il piano nazionale amianto non finanziato e le scuole da bonificare
E se nella giornata internazionale in ricordo delle vittime dell’amianto brilla per l’assenza il ministro della Salute, per contro non mancherà l’ex ministro Renato Balduzzi, colui che proprio a Casale l’8 aprile 2013  aveva presentato il Piano nazionale amianto. Piano che ancora giace senza finanziamenti in conferenza Stato-Regioni, mentre nella legge di Stabilità sono state messe in campo risorse per 45 milioni l’anno, dal 2015 al 2017. Fondi a pioggia, ma non ancora insufficienti, secondo Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente: “Chiediamo al Governo un impegno ancora maggiore sul tema dell’amianto su scala nazionale, per avviare da subito le bonifiche di tutti i siti industriali e la rimozione dell’amianto dagli edifici e dalle strutture ancora contaminate“. Come le oltre duemila scuole e i luoghi pubblici ad alta frequentazione. E i 6.913 stabilimenti industriali ancora da bonificare che, secondo la mappa del ministero dell’ambiente, non ancora aggiornata, sono invece 779.

Le indagini della commissione d’inchiesta sugli infortuni
E proprio dalla senatrice Camilla Fabbri, presidente della commissione d’inchiesta del Senato sugli infortuni sul lavoro, che ha fortemente voluto l’Assemblea nazionale amianto del 30 novembre scorso, arriva la sollecitazione alle stesse istituzioni centrali e regionali: “Per vincere la battaglia contro l’amianto occorre coordinamento e trasparenza – conferma la senatrice a Wired – per questo stiamo lavorando, come promesso, al testo unico sull’amianto che presenteremo entro il 30 novembre 2017, che dovrebbe riunire le oltre 400 norme regionali e nazionali sull’amianto”.

Intanto, continua l’attività di indagine della commissione, vedi l’audizione all’associazione italiana esposti amianto (AIEA) e Medicina Democratica, che ha portato nelle aule del Senato le testimonianze drammatiche degli ex-operai degli stabilimenti Enichem e Montefibre dell’area industriale di Ottana, a cui Inail ha negato il riconoscimento di esposizione all’amianto. Così come le ispezioni alle fabbriche contaminate, tra cui l’ex-Isochimica di Avellino, per spingere ad un’accellerazione delle bonifiche. “Su Isochimica sono stati stanziati fondi nella legge di stabilità e sarà audito anche il presidente della regione Campania”, sottolinea Fabbri, che annuncia un’altra iniziativa sul patrocinio gratuito a carico dello stato, in accordo con il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, per tutti  i cittadini che potranno costituirsi parte civile nei processi.

Il ritardo dei piani regionali e la mappatura nazionale incompleta
Se Casale Monferrato si conferma la buona pratica nazionale contro l’asbesto, da imitare e sostenere, per mappatura, bonifiche, smaltimento, cure mediche, (in attesa della prossima udienza del processo Eternit bis il 31 maggio), moltissimo rimane da fare negli altri comuni e nelle altre regioni italiane.

Secondo le stime di Wired, appunto, oltre 300mila edifici e siti sono ancora contaminati. Dato ricavabile sommando i dati di mappatura aggiornati di Piemonte e Lombardia nel 2015, sollecitati dalla nostra inchiesta un anno fa, e i dati della mappa ministeriale pubblicati a dicembre 2015, che riporta 41.350 siti contaminati. Secondo il censimento di Legambiente nel rapporto Liberi dall’amianto, Abruzzo, Calabria, Molise, Puglia, Sardegna sono ancora sprovviste di un Piano regionale approvato o in via di approvazione. Censimenti e mappature vanno a rilento in dieci regioni su venti.

Se non si bonifica, si continuerà a morire
Intanto però, l’amianto ha causato 21.483 vittime accertate da Inail, solo per mesotelioma, tra il 1993 e il 2012 di cui ben 4.215 in Lombardia, a cui si aggiungono le persone che si sono ammalate nel frattempo. Dati sottostimati, ricordiamolo: secondo l’Aiom, associazione italiana di oncologia medica, sono almeno tremila vittime l’anno, una ogni otto ore, almeno tre persone al giorno. Prima si bonifica, quindi, prima calerà il numero delle persone esposte e di conseguenza il numero di coloro che potrebbero ammalarsi.

Perché l’amianto, oltre essere causa del tumore maligno marker, il mesotelioma, è causa di almeno altri dieci tipi di tumore alle vie respiratorie e agli organi interni, come accertato dallo Iarc. Tanto che la stessa Inail ha ammesso che andrebbe estesa l’attività di sorveglianza epidemiologica anche alle altre neoplasie amianto-correlate. E come emerge dal V rapporto Renam di Inail, pubblicato dopo mesi di sollecitazioni da parte di Wired, il 30 novembre 2015, l’esposizione di tipo ambientale o ignota, è in aumento,  fino al 23,1% con picchi al 30%, come in Lombardia.

Il doppio ruolo di Inail
Eppure, perdura il continuo braccio di ferro tra gli ex-lavoratori esposti all’amianto e l’ente pubblico reputato, anche con la riforma di Tito Boeri, presidente dell’Inps, all’accertamento dell’esposizione alla fibra, requisito per accedere ai benefici pensionistici e alle indennità per la minore aspettativa di vita. Un ultimo caso emblematico, quello dell’ex-operaio della Breda di Sesto San Giovanni, Silvestro Cappelli, colpito di tumore alla laringe, raccolto dal Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro.

L’Inail si è sempre rifiutata di riconoscere al lavoratore la malattia professionale, nonostante avesse certificato nel 2006 la sua esposizione all’amianto, costringendolo ad andare in causa per far valere i suoi diritti. Nell’udienza di primo grado, il tribunale di Monza, nei giorni scorsi, ha riconosciuto l’eziologia professionale fra cancro alla laringe e l’esposizione all’amianto con il 60% di danno biologico, condannando l’Inail al risarcimento e alla costituzione di una rendita.

Il presidente della Repubblica non risponde, il papa accoglie
Un braccio di ferro continuo, come ribadisce da Bologna, Salvatore Fais, ex esponente sindacale delle Officine grandi riparazioni, che è arrivato a scrivere per la seconda volta, al presidente della repubblica, Sergio Mattarella, senza ottenere però nessuna risposta. “Eppure i dati ufficiali dell’Emilia Romagna dicono che fino a giugno del 2015 i decessi per mesotelioma in regione sono stati 2.588, di cui solo 853 per cause professionali”. Bisogno di giustizia che ha spinto le delegazioni degli ex esposti e familiari delle vittime dell’amianto dalla Sicilia, dalla Basilicata e dalla Lombardia a chiedere e ottenere un’audizione a papa Francesco. I lavoratori venuti a contatto con l’asbesto nei luoghi di lavoro in Italia sono stati oltre 560mila. Per solo 1.500 di essi, sono in corso 50 processi, in tutta Italia.

Vigilare sullo smaltimento e sulle discariche
Come ricorda, sempre Giorgio Zampetti: “Bisogna completare il censimento e gestire con attenzione i sistemi e gli impianti per il trattamento e lo smaltimento dei materiali contenenti amianto“. Lo smaltimento rimane, infatti, l’altro anello debole della catena, essendo solo 24 gli impianti autorizzati (a marzo 2015) a ricevere materiali contenenti amianto distribuiti in solo 11 Regioni (Sardegna, Piemonte, Toscana, Emilia, Lombardia e Basilicata, Abruzzo, Friuli, Liguria, Puglia e la Provincia autonoma di Bolzano), ma con volumetrie a disposizione sempre in costante calo. Su 414mila tonnellate di rifiuti contenenti amianto ben 254mila tonnellate sono stati esportati principalmente in Germania e poi in altri paesi esteri (dati Ispra 2015).

E se di questo passo “ci vorranno 85 anni per smaltire i 32 milioni di tonnellate di cemento amianto“, citando il presidente dell’Inps Boeri, occorre vigilare attentamente sulla filiera dello smaltimento per evitare l’infiltrazione delle ecomafie e lo smaltimento illecito nell’ambiente. È avvenuto nell‘Emilia Romagna post terremoto, con le scuole ricostruite con i rifiuti contaminati dall’amianto dalle aziende in odor di ‘ndragheta, stava avvenendo a Bari, per la bonifica del sito di interesse nazionale Fibronit, appalto riaggiudicato ad altre aziende, dopo il ricorso al Tar, contenzioso che ha bloccato i lavori per quattro anni. Così in Piemonte, dove falsi addetti di Arpa hanno contattato i proprietari di immobili nel biellese e nel vercellese tanto che la stessa Agenzia regionale ha dovuto diramare un avviso pubblico per allertare i cittadini su possibili truffe.

“Ci sono molte situazioni anche di dimensioni più piccole, oltre i grandi siti di interesse nazionale sparse per la penisola – ribadisce a Wired Alessandro Bratti, presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sulle ecomafie – Certo è che i costi dell’esportazione del cemento-amianto all’estero, per più della metà dei rifiuti speciali contenenenti amianto e i pochi impianti presenti in Italia, concorrono ad un rallentamento delle stesse bonifiche“. La soluzione? “Come per tutta la filiera dei rifiuti in Italia occorre maggiore controllo pubblico e certo la presenza di impianti comunali e regionali diffusi, sul modello di Casale, potrebbe essere la soluzione per vincere le resistenze delle popolazioni“. E per farlo occorrerà, di certo, operare con la massima trasparenza, quella che anche Wired insieme a oltre 69mila cittadini italiani, sta chiedendo alle istituzioni italiane con la petizione #AddioAmianto,  sulla mappatura e sulle bonifiche della fibra killer, sui dati epidemiologici e sulla filiera dello smaltimento. Di certo se ne riparlerà sul palco del Wired Next Fest.

Chiedi trasparenza sull’amianto in Italia. Firma la petizione #AddioAmianto su Change.org

Scopri anche le mappe, i dati e gli altri articoli de Il Prezzo dell’Amianto su Wired Italia

2 commenti

  1. È terribile pensare che nel 2016 l’Italia abbia ancora problemi con lo smaltimento dell’amianto. Speriamo che questi nuovi fondi e il rinnovato impegno delle istituzioni portino a risolvere il problema una volta per tutte!


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